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Chi ha paura del buio?
L'uomo nero nato dalla fantasia del giovane scrittore pugliese Luigi Sorrenti, ormai trapiantato in Roma da diversi anni, non è certo il leggendario fantasma che si nasconde nell'armadio o sotto il letto dei bambini come da antica tradizione popolare bensì è un uomo in carne ed ossa che si muove tra le strade della città eterna, con la stessa leggendaria ed inquietante capacità di mimetizzarsi nel buio, di rendersi invisibile nell'oscurità.
Proprio per questo motivo il violento serial killer che miete le sue vittime agendo indisturbato presso le fermate metropolitane di Roma viene subito additato dalla stampa con lo spaventoso appellativo dell'uomo nero.
Pur essendo doveroso ammettere, e da residente capitolino potrei confermarlo, che la ferrovia metropolitana di Roma non si distingue certo per la sicurezza ed i sistemi di sorveglianza, rimane pur vero che se un uomo riesce a portare a termine decine di delitti efferati senza lasciare la minima traccia o possiede effettivamente poteri soprannaturali oppure la trama del romanzo architettata dall'autore si poggia su pilastri traballanti.
Tanto più che, come ogni serial killer che si rispetti, anche l'uomo nero ha una sua peculiarità, la sua firma inconfondibile: dopo aver portato alla morte il povero malcapitato di turno con un cappio di canapa, ne recide tante dita dalle mani in numero pari all'ordine di esecuzione della vittima; quindi per la prima vittima un dito in meno, per la secoda vittima due dita in meno, e così via sino all'ultima vittima che si ritroverà, ahimè, senza alcun dito.
E se la polizia necessita di 4 vittime per intuire questa curiosa progressione aritmetica (sarà forse il caso di introdurla nei test psico-attitudinali di ammissione al corpo ?!?), non c'è da meravigliarsi che occorrerà completare il conteggio delle dita su entrambe le mani prima che la polizia catturi questo fantomatico serial killer.
Anzi riteniamoci fortunati che l'assassino non abbia avuto modo di continuare con le dita dei piedi.
Se perdonate il tono un pò faceto di questo mio commento, giusto contrappeso ai cruenti dettagli della trama sopra riportati che potrebbero infastidire i più impressionabili, vorrei comunque assicurare che nel romanzo i dettagli truculenti sono ridotti al minimo indispensabile previsto dal genere thriller in cui esso ricade.
Tuttavia, seppure apprezzabile il tentativo di dar vita su carta ad un nuovo mostro, il mostro di Roma, più spietato e micidiale di quelli che hanno realmente occupato le prime pagine della cronaca italiana, in primis il mostro di Firenze, il giovane Sorrenti manca in questo libro di quella maturità ed esperienza letteraria tale da poter raggiungere l'obiettivo senza cadere nella banalità e nel paradosso.
E' un'impresa troppo ardua la costruzione di una trama 'poliziesca' di tal portata che si dipani tra le strade di Roma senza buchi e falle.
Anche lo stile di narrazione mi sembra alquanto 'acerbo', giovane: alcune volte quasi affettato, altre eccessivamente didascalico con scelte linguistiche più adatte ad una testata giornalistica:
"un feroce serial killer si aggirava indisturbato per le vie di Roma e le forze dell'ordine, lontanissime dal clamore mediatico che il caso stava suscitando, lottavano strenuamente per interrompere la tragica scia di sangue e di morte".
Difetti ampiamente corretti dall'autore nell'opera successiva, 'Immagina i corvi', che reputo di gran lunga più piacevole rispetto a questo primo romanzo.