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RECENSIONE 'L'ESTATE DI ULISSE MELE' DI ROBERTO AL
Un romanzo che vorrebbe essere un noir, ma si può soltanto definire una lettura pervasa da profonda sensibilità e mite essenza. Un bambino sordomuto di nove anni dal carattere umile e sincero, ma che soprattutto possiede un cuore tenero e speciale. Sì, perché si arrabbia se lo definiscono diverso dagli altri, ma è proprio la sua diversità a renderlo unico a se stesso e per coloro che lo amano.
Una storia che inizia con un fatto di cronaca nera, la sparizione e l'uccisione di Betta, la sorella di Ulisse. Primo e solo indiziato il padre, un padre che riempie di botte i suoi figli, tranne il piccolo Ulisse. Quest'ultimo però lo considera un buon uomo e non crede che proprio lui possa aver ucciso sua figlia. Sembra che Ulisse sappia dentro di sé chi sia il vero colpevole, ma fra le righe l'autore, se non alla fine, non riesce a farci capire tutto ciò che pensa il bambino. Credo che lo scrittore abbia voluto creare un noir un po' esistenziale, per questo conferisco solo questa valutazione, perché se avesse cercato di far apparire il romanzo soltanto per ciò che è, sarebbe stato molto meglio. Io non definisco questo libro un thriller o un noir, ma un racconto di vita letto dagli occhi di un ragazzino fuori dal comune, che a volte si perde in dettagli narrativi, forse in parte inutili alla trama, ma che ci regala un sorriso pieno di tenerezza e bontà. Consiglio ovviamente questa lettura a chi vuole fermarsi almeno una volta ad ascoltare e ad apprezzare chi è meno fortunato degli altri, ma lotta per essere trattato alla loro pari.