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Di rabbia e di vento
Forse il mondo là a Milano è davvero così, forse Robecchi si limita raccontare uomini reali e la freddezza metallica dei personaggi è voluta; o forse ci mostra la pochezza degli uomini con le loro contraddizioni, la totale perdita di valori e la snervante e inutile ricerca degli stessi in situazioni al limite del credibile.
La struttura del racconto è quella di un giallo, tra l'altro neppure così banale, interessante e avvincente: se fosse letto sulle pagine di un quotidiano locale.
La vicenda si svolge in una Milano claustrofobica, le cui strade, vicoli e viali sono intrecciati in un nugolo di nomi che si sovrammettono uno sull'altro nel vano tentativo di restituire al lettore l'atmosfera con interminabili serie di nomi di strade, forse caratteristiche, ma che alla lunga rimangono solo echi vaghi e ridondanti nella mente; ma quello che davvero rende la lettura irritante è la continua aspettativa di capire i motivi che fanno nascere determinate emozioni: forti profonde, vive, ma del tutto prive di pathos.
A volte ci sono personaggi che possono, anche solo con un silenzio, una pausa, un sospiro restituire uno stato d'animo perso, una paura nascosta, un'angoscia che urla dal profondo; sono quelle figure che rimangono nella mente e di cui rimaniamo amici per sempre; non è questo il caso: qui ogni figura suscita emozioni contrastanti, da una parte l'autore cerca di spiegare le loro ragioni, dall'altra il lettore non riesce a sentire niente e alla fine non comprende il perché di tutto.
Lo stile di Robecchi è difficile da giudicare, si ha l'impressione che sia una penna classica contaminata dalla modernità: la continua rottura della quarta parete e la scelta del narratore onnisciente rendono tutto molto pesante e anche quando la trama si dipana e l'entusiasmo dovrebbe arrivare al suo apice, qualcosa non funziona, la voglia è quella di giungere alla fine e non di scoprire chi sia l'assassino e quale sia la storia che si cela dietro le vittime.
In conclusione non è una lettura spiacevole, rimane la sensazione che sotto forma di racconto avrebbe reso meglio e che una maggiore sintesi e delicatezza stilistica avrebbero reso il tutto molto più piacevole.
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