Dettagli Recensione
Chi ben comincia è a metà dell'opera...?
L'esordio di un autore è sempre un avvenimento particolare; da una parte c'è la diffidenza verso il non conosciuto, dall'altra c'è la curiosità...specialmente se l'esordio è nel mondo del thriller e l'autore è italiano.
Mirko Zilahy, pur essendo un esordiente, ha già fatto molto nel mondo "dei libri". E' stato, infatti, in Italia il traduttore del libro "Il cardellino" di Donna Tartt, una scrittrice molto tosta.
"É così che si uccide", è ambientato a Roma e segue le tracce dell'Ombra, un serial killer che lascia le sue vittime in posti poco conosciuti per i non residenti. Lo scrittore ci fa quindi conoscere una Roma insolita, fuori dai soliti schemi.
Il protagonista è il commissario Enrico Mancini, affiancato dalla sua squadra composta da elementi molto eterogenei fra loro e per questo più interessanti. Mentre l'Ombra opera indisturbata, Mancini oltre a seguirne le orme, sta combattendo una guerra interiore da cui non si è ancora ripreso. Non si sente ancora pronto per tornare "in pista", ma non la pensa così il Questore, che sa che Mancini, con le sue doti e i suoi studi, è l'unico che può fermare l'Ombra.
“Lezione numero dieci. Quando un uomo comincia ad uccidere non può più smettere”. L’Ombra, infatti, è sempre in vantaggio e le descrizioni di Zilahy sulle vittime lasciano poco all’immaginazione.
I personaggi sono descritti in maniera dettagliata e approfondita. L'autore, di ognuno di loro ci racconta uno spaccato che va oltre il lavoro, fermandosi in maniera approfondita sul suo protagonista. Mancini è un uomo che si muove con i guanti, ma nel vero senso della parola “Aveva perso l’abitudine al contatto con le cose. Almeno fuori da quella casa. Fuori dalla sua tana c’era un mondo su cui non avrebbe più posato le mani”.
Se dovessi valutare il libro per le sue prime duecento-duecentotrenta pagine, il punteggio si avvicinerebbe a un cinque. Conquistata, affascinata e immersa nella lettura, la mia curiosità e la suspense erano costantemente alimentate.
Ma ad un certo punto il registro cambia, stiamo parlando di un libro di circa quattrocento pagine, Zilahy si lascia un po’ andare e senza esserne forse consapevole, da troppi elementi che ad un lettore attento non possono sfuggire togliendo un po’ l'effetto sorpresa.
Se da una parte la mia autostima se ne sentiva appagata perché ormai il movente era ben chiaro, dall'altro, il veder confermate le proprie teorie senza più molto da scoprire ha un po’ abbassato il livello di attenzione.
Mancini è davvero una figura ben fatta anche se in alcuni punti la simpatia nei suoi confronti può venire un po’ meno. Molteplici sono le spiegazioni e i metodi scientifici descritti nel dettaglio, aprendoci gli occhi sul mondo criminale e su come operare per fermarlo.
Un libro che comunque consiglio, anche se viste le aspettative della prima parte, può un po’ deludere sul finale. Forse la prossima indagine del "debuttante" Mancini potrà sorprendere ancora di più.
Buona lettura!