Dettagli Recensione
La spettacolarizzazione del crimine
Nella frase che ho dato al titolo é contenuta una gran verità che caratterizza la nostra società. Dal delitto al caso mediatico il passo è breve. Intorno alla tragedia si sviluppa la curiosità dei media che si nutre non di vittime senza voce ma di una spietata caccia al mostro. Le telecamere sono pronte a cogliere il colpo di scena, aspettano di catturare l’immagine del colpevole e tutto, anche la vittima, passa in secondo piano.
Il libro si apre con una scena che inchioda subito il lettore alle pagine: in una notte gelida, lo psichiatra Flores è chiamato dalla polizia di Avechot (paese alpino di confine abitato da una comunità fortemente religiosa, quasi una setta) per far luce su quanto è successo all’agente speciale Vogel, trovato in stato confusionale in seguito ad un incidente d’auto. Illeso ma coperto di sangue, evidentemente non suo.
Secondo uno schema ormai classico ma ancora capace di generare la giusta suspense, un flashback ci porta a qualche tempo prima, quando in paese è appena scomparsa la sedicenne Anna Lou, appartenente ad una delle famiglie più devote della cittadina, sparita nel tratto di strada che separa casa sua dalla chiesa. E’ proprio Vogel ad occuparsi del caso, e la trama si muove per sbalzi temporali avanti e indietro rispetto al giorno della scomparsa, una tecnica letteraria che usata con sapienza come sa fare Carrisi risulta davvero coinvolgente. Il racconto ci cala in atmosfere perfette per gli amanti del thriller.
Lentamente, e con deduzioni intriganti, Vogel e l’agente Borghi ricompongono i pezzi del mistero: una ragazzina timida e in apparenza quasi senza contatti col mondo, un adolescente ossessionato da lei, imbranato ma con un passato di scatti violenti, e soprattutto un professore, Loris Martini, giunto da poco con la moglie e la figlia ad Avechot per lasciarsi alle spalle un evento (“la cosa”) che Carrisi sapientemente ritarda ad esplicitare, così come è bravo a instillare nel lettore il sospetto che l’insegnante nasconda qualcosa senza fornire prove evidenti e lasciando che il semplice seguirne le azioni aumenti la tensione proprio a causa dell’apparente tranquillità delle situazioni descritte. Improvvisamente Martini si trova al centro dell’interesse dell’opinione pubblica, accusato di essere il mostro, accerchiato dalla rapace e spietata voracità delle tv che lo mettono a rischio linciaggio. Uno dei temi su cui Carrisi riflette in questo romanzo è proprio l’esposizione mediatica dei casi di cronaca nera e per farlo utilizza tutti gli ingredienti che purtroppo ormai ci sono diventati familiari quando avvengono tragedie simili a quella di Anna Lou: la costante ricerca di news, il gossip morboso, i processi televisivi con la gente che condanna e si schiera, la celebrità che seduce anche le vittime.
In una trama fondata sugli elementi classici del genere, il rapporto tra Vogel e la stampa costituisce uno spunto originale che infrange il luogo comune sull’odio dei poliziotti nei confronti dei giornalisti: l’agente speciale li cerca, ne provoca l’interesse perché sa che coi riflettori puntati sul caso avrà a disposizione mezzi più consistenti per le indagini ed una possibilità in più per stanare il colpevole, per non parlare della celebrità personale che la risonanza mediatica gli garantisce. Vogel sa usare i media per i suoi scopi, arrivando a stratagemmi cinici, mantenendosi sempre sul confine ambiguo tra forzare le cose e manovrarle apertamente. Su di lui pesa però il sospetto che in un caso precedente si sia spinto troppo oltre nel voler a tutti i costi consegnare un capro espiatorio all’opinione pubblica. Il lettore rimane gustosamente in bilico: a chi credere? Al poliziotto forse senza scrupoli? Al professore che non riesce ad eliminare la sensazione che nasconda qualcosa? Pian piano ci avviciniamo allo strano incidente di Vogel, con Flores che deve stabilire se il poliziotto sia davvero in stato confusionale o stia recitando. Di certo le convinzioni del lettore vacillano in quella che, ci ha informato Carrisi sin dall’inizio, è la notte “in cui tutto cambia per sempre” e non si vede l’ora di scoprire cosa succederà.
Secondo il mio parere questo romanzo di Carrisi è diverso, per emozioni e coinvolgimento, dai suoi precedenti lavori. Leggendo alcuni suoi lavori precedenti, sono sempre rimasta col fiato sospeso per l’evolversi delle storie. Mi piaceva il modo in cui lo scrittore riusciva a spiazzare il lettore. La verità era sempre nascosta sotto una montagna di falsi indizi, ma, alla fine, ogni tassello andava al suo posto e la storia si mostrava in tutta la sua complicata e avvincente bellezza. “La ragazza nella nebbia” è un thriller che inizia in sordina, il ritmo è pacato, le indagini passano quasi subito in secondo piano e l’attenzione è tutta per i media. Vogel ha una tecnica d’indagine che è un mix di tattica e opportunismo. In lui vive e predomina “l’istinto di cattura” ma tutto è basato sulla creazione del caso mediatico, del business che dona profitti a tutti tranne che alle vittime. Condivido pienamente l’opinione dello scrittore sul fenomeno mediatico, tutti noi ricordiamo i fatti di cronaca che hanno attirato l’attenzione del pubblico. Non c’è alcuna pietà per la vittima in questo romanzo, ogni personaggio nasconde qualcosa, la verità è sempre nell’ombra.
Gli ultimi capitoli del thriller mi sono piaciuti tantissimo perché ho ritrovato le atmosfere inquietanti e i numerosi colpi di scena che caratterizzano la scrittura di Carrisi. A ben riflettere l’orrore è di casa anche in questo ultimo lavoro dello scrittore, è un orrore che nasce dalla descrizione della nostra società, degli show che puntano sulle interviste, dietro lauti compensi, ai parenti del “mostro”. Anche per gli inquirenti la giostra mediatica diventa un modo veloce per far carriera. Carrisi si ispira a fatti reali, narra il male che si nasconde nella quotidianità, narra la natura dell’uomo. Il mostro finisce in prima pagina, la vittima viene dimenticata. Fino al prossimo caso di cronaca quando tutto, come da copione, ricomincerà.