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Tajùt e frico
Drago Furlan è un ispettore campagnolo amante dell’Udinese, del frico, del vino, delle cose genuine, un omone dai modi burberi.
È alle prese con un cadavere, pochi i dubbi sulle cause della morte, quello è ben visibile, molti, invece, gli interrogativi sul chi e il perché.
Tra bevute in osteria, luogo sacro al vero friulano, e interrogatori tra i montanari granitici nella loro reticenza (“ La signora Vendramina d’altronde l’aveva sempre messo in guardia: montanari … lupi mannari), l’ispettore deve trovare la pista giusta - e non azzardatevi a chiamarlo commissario in onore di Montalbano – (“Non sono commissario ma ispettore, la differenza è la stessa che c’è tra infermiere e medico, a pulir la merda ci mandano l’infermiere, a prendersi l’onorificenza di cavaliere del lavoro mandano il medico”).
Insieme al fido vice, sbarbatello da istruire su madre natura e i proverbi tramandati da generazioni di Furlan, al bisbetico Drago spetta un salto nel tempo, una rispolverata al passato, uno scontro fra coscienza e conoscenza, tra giustizia privata e quella pubblica.
Un noir intriso di storia, di ironia, di saggezza popolare, arricchito da piatti e vini tipici della regione, animato da personaggi ben caratterizzati, l’amore per la propria terra è palpabile.
Durante la lettura si prova allegria per le battute dell’ispettore e tristezza per i fatti, si giunge all’epilogo con la consapevolezza che la Storia non si può e non si deve dimenticare. Mai.
Concludendo, un appetitoso libro assolutamente da gustare.
“Orfeo, i cetrioli, se non li innaffi costantemente, non vengono su. Così le indagini: se non le segui costantemente, non danno frutti. Dobbiamo continuare a innaffiare il terreno. Il contadino che era in lui non si smentiva mai.”