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Roma brucia
Nell’universo criminale-politico creato dal duo Bonini-De Cataldo “La notte di Roma” è l’ideale prosieguo di “Suburra”, salito alle cronache giornalistiche per l’incredibile concomitanza tra il l’uscita del film omonimo di Stefano Sollima, le pressioni su Marino e lo scandalo delle coop rosse e bianche di Roma Capitale. Nonostante contenga personaggi già presenti nel primo romanzo romano “La notte di Roma” può essere tranquillamente letto come un romanzo autonomo e indipendente dai fragili legami che possiede con il precedente.
La storia è terribilmente attuale ed è quasi certamente lo specchio di ciò che accade dietro le quinte delle dinamiche criminali e del potere politico, le quali nefastamente si intrecciano per tutelare e garantirsi interessi comuni. Il perno su cui ruota la vicenda è il Giubileo indetto da Papa Francesco; l’ambientazione, i personaggi, il periodo storico sono tanto vicini a noi da convincerci che i due autori abbiano sfruttato il momento anche “editorialmente”, sicuri di ottenere interesse mediatico e un buon successo. Attorno all’organizzazione dell’evento prendono corpo i feroci interessi della cricca criminale di Sebastiano Laurenti, tormentato successore del Samurai confinato al 41-bis; della giovane e ambiziosa deputata del Pd, Chiara Visone; di Temistocle Malgradi, un uomo per tutte le stagioni. A essi fa da contrappeso la figura integerrima e incorruttibile di Martin Giardino, sindaco di Roma insediatosi come un alieno al Campidoglio e doppione smaccato dell’ex sindaco Ignazio Marino. Da notare peraltro la assonanza palese tra i due nomi. Sono questi i protagonisti nelle cui mani grava il destino di una Roma traballante, fragile, profondamente corrotta, incapace di redimersi.
Ciò che turba e che spaventa è il progressivo insinuarsi dell’idea che ciò che viene raccontato come fiction corrisponde alla realtà. A ciò che non vediamo ma che esiste. L’esistenza di un mondo parallelo nel quale le regole del “viver civile” e dell’onestà vengono calpestate a ogni piè sospinto.
Come anche in “Suburra” e “Romanzo criminale” il cosiddetto Bene rimane sullo sfondo, lontano e impotente di fronte al cieco interesse, al bieco egoismo, alla gratuita violenza, alle cricche indissolubili, ai traffici illeciti, al finto sindacalismo e ai giochi di potere. Bonini e De Cataldo, con uno stile piacevole e semplice, infarcito di gergo romanesco per dare credibilità al racconto, intessono una trama coinvolgente e avvincente che tuttavia non replica l’imponenza del libro che, in questo genere letterario può fregiarsi del titolo di apripista e capostipite, ovvero “Romanzo criminale.