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Non esiste il bene senza il male
Donato Carrisi ha una grande fantasia narrativa. Sa creare personaggi che lasciano il segno, come Marcus, il “penitenziere”, privo di memoria e rinato a nuova vita, individuato da personaggi vaticani influenti come creatura idonea a perseguire il male ovunque si annidi. Si inizia nei giardini vaticani, ove una giovane suora viene trovata fatta a pezzi (“Hic est diabolus”, si mormora fra le consorelle) : qui iniziano le indagini di Marcus (ma solo alla fine scoprirà il colpevole), che verranno via via indirizzate, parallelamente alle vere e proprie indagini della polizia romana, su altri efferati delitti : c’è in circolazione un “mostro” che assale coppie, uccidendo lui ed accanendosi barbaramente su lei, con rituali macabri e incomprensibili. La tensione emotiva è tenuta sempre ad alto livello, non ci sono momenti di pausa e ad ogni capitolo non mancano colpi di scena e nuovi orizzonti inesplorati. La vicenda infatti è complessa e coinvolge una giovane foto rilevatrice della polizia, il suo ingenuo fidanzato, un funzionario russo con uno strano figlio vittima della follia paterna, un lugubre istituto per minori ove ne succedono di tutti i colori : fatica assai il nostro “cacciatore del buio” a dipanare matasse ingarbugliate, anche perché non conosce i mandanti della missione cui è preposto, mandanti che solo alla fine si disvelano cercando di chiarire, con motivazioni filosofiche e a dire il vero poco convincenti, le motivazioni del loro agire. La conclusione è che il bene non può esistere senza il male : ne è la riprova l’ultima avventura del penitenziere che, dopo un viaggio in Africa, scopre una sorprendente verità, proprio entro le mura vaticane, dove tutto era iniziato. In una intervista all’Autore, si viene a sapere che alcuni riferimenti storici del romanzo corrispondono a verità e che esistono in Vaticano archivi segreti cui non è possibile accedere. Ciò non toglie che la narrazione abbia talora momenti inverosimili e che certi episodi abbiano più del fumettistico che del reale : ma un giallo deve avere i suoi ritmi ed i suoi momenti di suspence, ed in questo Carrisi è veramente geniale. Non cerchiamo gli approfondimenti psicologici dei gialli svedesi o lo stile narrativo cui Jeffery Deaver attinge per far giostrare i suoi consueti protagonisti : Donato Carrisi bada più all’incalzare degli eventi, senza indulgere troppo a studiare caratteri e psicologie. E’ minuzioso però nell’incastrare le varie indagini una nell’altra, aiutandosi anche con tabelloni in cui elenca gli elementi delle scene dei vari crimini ( come è consuetudine di Lincoln Rhime nei romanzi di Jeffery Deaver). Comunque, Donato Carrisi resta un buon autore di gialli : in Italia ha ben pochi rivali.