Dettagli Recensione
Un meccanismo collaudato
Inizia male il più recente romanzo dedicato al commissario Montalbano: un primo capitolo in cui il beneamato poliziotto si trova infilato in situazioni poco credibili e comunque poco lusinghiere per la sua professionalità: una sequenza di piccoli episodi che ci si rende conto che hanno solo la funzione di giustificare il titolo del libro. Poi il romanzo riparte con il consueto cast di attori: Fazio, Mimì Augello, Catarella, il questore e, sempre più defilata ed evanescente, Livia. Lo stile riprende vigorosamente il lessico siculo – italiano, copyright di Camilleri, accentuando la componente siciliana che in alcuni recenti romanzi sembrava più sfumata.
Montalbano teme di perdere colpi, di sentire il peso degli anni, ma poi il suo scatto intuitivo arriva, anche se un po’ in ritardo e come al solito vince la sua ennesima battaglia.
L’impianto è così collaudato da non creare apprensioni: come sottolineava Camilleri in una recente intervista i suoi romanzi con Montalbano hanno un numero di capitoli (da 17 a 19) e un numero di pagine (250-260) pressoché fissi.
Capisco chi lo critica perché trova ripetitivo lo schema o non digerisce il suo linguaggio, ma per chi lo ama Camilleri è come una rada che offre un approdo sicuro e tranquillo. Un suo nuovo romanzo è l’attesa occasione per mettersi in poltrona, con la sicurezza di trovare qualche ora di distensione; così come per la versione televisiva che si vede e si rivede e ogni volta ci si accorge che i nervi si rilassano.
Qualche cenno sulla trama? No, è un poliziesco e non sarebbe corretto. Poi stasera c’è Montalbano in televisione e non voglio fare tardi.
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