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Il passato nasconde ma non cancella
E’ il secondo romanzo che leggo di quest’autore, avendo già recensito il primo “Nera di malasorte”; protagonista è nuovamente il commissario di polizia Simone Sbrana, un poliziotto un po’ fuori dal seminato, anticonformista (si autodefinisce allievo del più famoso commissario Bordelli di Firenze) che segue bonariamente le vicende scaturite dal movimento studentesco del 1968 e la volontà delle nuove generazioni sessantottine che provano a cambiare il corso degli eventi tramite continue manifestazioni che hanno (avrebbero avuto) il fine di indurre il governo e la classe politica pro tempore a una serie di riforme atte a rovesciare antichi privilegi e obsolete tradizioni.
In tale contesto temporale, siamo nel dicembre 1969 nel funesto giorno della strage di piazza Fontana in una sede della Banca nazionale dell’agricoltura a Milano, continua a esercitare il suo mandato di commissario sui generis Simone Sbrana della questura della Spezia. La sua attività investigativa è ostacolata dal clima ostile riversato su di lui dai propri colleghi e superiori, in primis il questore, appunto per le sue modalità di pensiero e di azione che, nonostante portino alla soluzione di vari delitti, sono malviste a causa del suo porsi al di fuori dalle righe.
Proprio durante i giorni immediatamente successivi alla strage di piazza Fontana, un efferato omicidio è commesso in un teatro di quarta categoria della città, la cui vittima è una spogliarellista non meglio identificata e, forse, proveniente dall’America latina. L’azione investigativa di Simone Sbrana, affiancato dall’appuntato Russo, unico amico che ha in questura, riporta in luce un caso di omicidio ormai archiviato e risalente a circa venticinque anni prima, nell’estate del 1945, la cui vittima è proprio un vicebrigadiere di polizia trovato morto per un colpo di pistola alla tempia nei giardini pubblici del centro storico cittadino.
I due omicidi sono legati tra loro a doppio nodo ed emergono fatti e misfatti del primo dopoguerra dove la miseria, le distruzioni della guerra e la tenace volontà di ricostruire si amalgamano in situazioni delittuose e senza scrupoli pur di ottenere o mantenere quel certo potere ormai dissolto con la caduta del vecchio regime fascista. I “nostalgici” vogliono ritornare al passato senza tener conto della tragedia subita dalla Nazione a causa di assurde velleità indirizzate a un clima di terrore necessario al potere.
L’arguzia e l’acume del buon commissario Sbrana riusciranno a risolvere, in maniera magistrale, i due omicidi separati da un quarto di secolo, e inoltre assicurare alla giustizia personaggi molto in vista nella società spezzina ma che nascondono un passato di nefandezze e abusi…le famose “vizi privati e pubbliche virtù”