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I milanesi ammazzano al sabato
 
I milanesi ammazzano al sabato 2015-07-27 16:14:01 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    27 Luglio, 2015
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Meneghino, tutto di un pezzo

Il genere che ha dato fama duratura al prolifico scrittore Giorgio Scerbanenco, è il giallo, che negli anni ’60, si afferma gradualmente in Italia con caratteri tutti suoi originali, ben diversi dai gialli americani in voga fino allora, con gangster con mitra e Borsalino, in lotta contro duri investigatori privati con whisky e sigaretta.
Il genere giallo però è più che altro un pretesto, un artifizio attraverso il quale Scerbanenco descrive Milano, città da lui amatissima, e in generale l’Italia degli anni ‘60.
Non sono gialli pieni di sparatorie come quelli americani, dunque, non sono sottili enigmi per menti acute alla Poirot dei gialli inglesi, sono romanzi nostrani, noir diciamo casarecci, racconti che neanche presentano chissà quali misteri da investigare e scoprire, quasi che non serve il mistero in questi gialli, quasi bastasse la miseria umana di per sé a presentare una trama già abbastanza intrigante così. Sono storie semplici, dunque, crimini usuali, quasi banali, cose di tutti i giorni, cronache dalla grande città. Scerbanenco più che scrittore di gialli è un cronista, è un testimone attento di quegli anni, la propria dura e amara esperienza personale di vita, la propria sensibilità forgiata dalle mille difficoltà incontrate, dai mille ostacoli superati, fa sì che è un testimone imparziale, obiettivo, senza paraocchi o veli rosati a schermare la realtà.
Descrive la realtà di tutti i giorni per quella che realmente è, legge nel cuore degli uomini, intuisce i loro tormenti, non si fa abbagliare dal falso ottimismo di un boom economico che caratterizza gli anni ’60 in cui vive e in cui fa agire i suoi protagonisti.
Dietro la fittizia opulenza apparentemente accessibile a tutti, si nasconde in realtà un vuoto di valori, una decadenza morale che vanamente si cerca di compensare con il largo diffondersi di beni di consumo, la televisione, la lavatrice, l’automobile.
Scerbanenco descrive il difficile risalire la china di generazioni disilluse, fiaccate da anni di caos e di ristrettezze fisiche e morali, generazioni di uomini e donne che chiedono il ripristino delle regole troppo spesso infrante e disattese nel recente passato di dittatura, di guerra, di difficile dopoguerra, il rispetto delle regole non solo dei codici giuridici ma delle regole morali, quelle più importanti, le regole del vivere civile.
Regole che la delinquenza, la malavita, infrangono spesso e volentieri, perché il crimine è materialista, e quindi imperversa nel boom dei beni materiali; la Milano di Scerbanenco è una città dura, cinica, rispecchia la Nazione intera, infettata dal crimine.
Perciò il male, i ladri, gli assassini, gli sfruttatori di prostitute, tutto l’universo del crimine sono come patologie, alcune subdole e nascoste, altre lievi, altre ancora altamente infettive, altre profondamente cronicizzate, ed il bene, i buoni, la polizia, i giusti, sono come i medici, i dottori, i sanitari, coloro che devono curare e possibilmente guarire queste malattie, devono sanare l’organismo, la società, da tali malanni, o almeno provarci, anche se molti mali sono ben radicati o inestirpabili, anche se certe patologie sono dure da sconfiggere. Più che giustizia, si parla di guarigione, più che processi si somministrano cure, farmaci, medicinali, che spesso neanche valgono a guarire. Delinquere è una forma di deficienza mentale, e il poliziotto è il neurologo che fa interdire il reo per impedirgli di nuocere ancora. Non a caso, perciò, nei gialli più conosciuti di Scerbanenco, il protagonista, l’eroe, oltre che poliziotto e investigatore, è realmente un medico, di nome Duca Lamberti.
Ne “I milanesi ammazzano il sabato” giunge a Lamberti un padre disperato da mesi per la scomparsa della figlia, inutilmente la polizia ha intrapreso le consuete ricerche senza esito alcuno.
Con crescente stupore, Duca apprende che la scomparsa, la presunta “bambina” come si ostina a chiamarla il suo papà è in realtà una bella ragazza di ventinove anni, anche se parecchio particolare.
Come infatti spiega il papà, Amanzio Berzaghi, un milanese tutto di un pezzo, ex autista ed ora impiegato in una ditta di trasporti, la propria figlia Donatella è una ragazza bella, molto bella e molto sviluppata da un punto di vista fisico, statuaria, perfetta, bionda, occhi azzurri, è alta quasi due metri e pesa 95 chili, ma tali insolite misure sono dovute purtroppo ad una rara sindrome ereditaria, l’elefantiasi, che le ha causato anche un grave ritardo mentale, ha infatti l’intelligenza e la capacità di una bambina di pochi anni.
Amanzio Berzaghi è un vero milanese, un uomo che non si lascia annichilire dalle difficoltà della vita, una persona che ha fatto del lavoro, della dedizione al lavoro, del rimboccarsi le maniche e dell’andare avanti con determinazione e cocciutaggine un modo di essere, e pur essendo vedovo resta un meneghino tutto di un pezzo, bada da solo e con perizia alla propria figliola.
Figliola che è costretta perennemente in casa, letteralmente rinchiusa nella propria abitazione come in una cella, giacché lo stesso papà ha badato a dotare porte e finestre di serrature che le impediscono di uscire. Questo perché, in conseguenza proprio della sua malattia, la ragazza soffre anche di ninfomania, è vittima inconsapevole d’impulsi compulsivi e ingovernabili di fare l’amore, per tanto tende a sorridere agli uomini e ad assentire a qualunque loro richiesta.
Va da sé che il padre, nelle ore di lavoro, dovendo lasciarla sola e incustodita, per sottrarla alle mire di sporcaccioni senza scrupoli, è costretto a rinchiuderla in casa, dove la giovane trascorre il tempo in attesa del suo ritorno in attività casalinghe precise, ossessive, compulsive di pulizia, di cucina, ecc., oppure gioca con le sue bambole, proprio come una bambina piccola, ascoltando di continuo dischi di musica leggera.
Malgrado ogni precauzione presa per evitare ogni ragionevole pericolo, un giorno però la ragazza scompare. Semplicemente Amanzio Berzaghi non trova più in casa la sua Donatella, sparita, dissolta, volatilizzata nell’aria. Nessun segno di scasso o di violenza, nessuna traccia, in pieno giorno, nessuno che ha visto niente, nessuno, neanche la portinaia l’ha vista uscire o qualcosa d’insolito, e si che la ragazza non è certo tipo da passare inosservata.
Passano i mesi, ma Amanzio Berzaghi non si rassegna, tutti i giorni si reca dalla polizia a richiedere notizie o indagini più estese, più approfondite, cocciutamente il povero padre si ostina perché la sua bambina venga ritrovata. Duca Lamberti indirizza le indagini logicamente sul ratto a fine di libidine o di avviamento alla prostituzione, escludendo con pragmatismo ogni altra ipotesi, come i fini di estorsione, date le modeste possibilità economiche dell’ex-camionista, o eventuali rancori o vendette o altri possibili moventi. Dalle indagini su un rapimento Lamberti deve ben presto occuparsi di omicidio, poiché viene trovato il cadavere della povera Donatella, massacrata a colpi di pietra. Lamberti si immerge allora nella ricerca del o degli assassini, perviene alla verità di quanto accaduto, lo appura con certezza un venerdì…ma come spesso realmente accade nella vita reale, le situazioni s’intersecano.
Duca Lamberti indaga e scopre tutta la verità il venerdì, e intanto ad Amanzio Benzaghi, diligentemente al lavoro dal lunedì al venerdì, come ogni buon milanese, giungono quasi per caso i nomi dei colpevoli, il loro indirizzo. Tutto accade di venerdì, e Amanzio non sa che fare, è confuso, indeciso, infine si decide, l’indomani è sabato, per la settimana corta è libero dagli impegni di lavoro, non deve assentarsi forzatamente, non deve perdere la giornata di lavoro, si decide e si reca all’indirizzo e come nulla fosse, bussa alla porta dei colpevoli.
I criminali hanno sempre la coscienza sporca, hanno la coda di paglia, sono furbi ma mai intelligenti. Potrebbero negare, scappare, fingersi sdegnati e onesti cittadini, rigettare le accuse senza prove, potrebbero fare qualsiasi altra cosa, ma sono criminali, tarati, minori, e fanno sempre e soltanto quella sbagliata: la loro violenta reazione è come una chiara confessione per l’onesto Amanzio, forte e onesto lavoratore temprato da una vita di lavoro e sacrificio, ed un uomo onesto reagisce con furore altrettanto onesto e giustificato, reagisce con pari violenza.
A mani nude il milanese Amanzio Benzaghi si scaglia sui delinquenti, a mani nude, le stesse grosse mani con le quali si è sempre onestamente guadagnato il pane.
Poi cade ferito, nello stesso istante in cui sopraggiungono Duca Lamberti e i suoi.
Duca è amareggiato, è stanco e desolato da questa storia, una storia assurda, una storia deprimente. E l’epilogo è altrettanto freddo, cinico, assurdo come assurdi sono i tempi moderni: Duca chiede ad Amanzio perché è andato nel covo dei sospetti, perché invece non ha chiamato la polizia.
Il dottor Lamberti si attende risposte tipo la sete di vendetta o il bisogno di giustizia; ma il sangue gli si ghiaccia nel sentire la risposta di Amanzio Benzaghi: perché è sabato, perché non è andato a lavorare, perché se per esempio fosse accaduto di mercoledì, avrebbe rimesso le cose alla polizia, perché lui non avrebbe avuto tempo, sarebbe stato impegnato ad andare al lavoro.
Come dire: i milanesi ammazzano il sabato.
Una motivazione fredda, assurda, cinica; come fredda, cinica e assurda è la Milano di Giorgio Scerbanenco.


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Giorgio Scerbanenco, e la sua creatura Duca Lamberti.
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Commenti

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Un grandioso commento che solo un appassionato poteva dilungare all'infinito, ma solo chi ama Scerbanenco può scrivere con questo trasporto. Scerbanenco è il padre del noir in Italia e penso che molti scrittori noir o sedicenti tali dovrebbero leggere questo autore per capire che scrivere sul male con profondità d'animo non è semplice e a volte il talento non basta.
Al solito sei un ispiratore, Bruno!
Scerbanenco è una lacuna che attende di essere colmata.
Questo titolo va bene per approcciare Lamberti? Ti ho letto a salti per evitare lo spoiler :)
In risposta ad un precedente commento
Bruno Izzo
27 Luglio, 2015
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Infatti, cara amica è così. Nello scrivere gialli, si cimentano in tanti, ma pochi, davvero pochi riescono a rendere in pieno l'animo umano che indulge a delinquere. Tra tutti, Scerbanenco è il maestro. Grazie di avermi letto, in genere lo fanno in pochi, quando l'opinione è lunga, ho il vizio di scrivere molto...ne chiedo venia! Ma il fatto è che mi piace molto discutere delle mie letture, sviscerarle a fondo. Alla prossima!
In risposta ad un precedente commento
Bruno Izzo
27 Luglio, 2015
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Grazia Anna! Allora, tutti quelli con Duca Lamberti protagonista: "Venere privata", "Traditori di tutti", "I ragazzi del massacro", e appunto "I milanesi ammazzano il sabato", a mio avviso quest'ultimo è il migliore di tutti. A presto!
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