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Potenzialità sprecate
In “Sogni di Sangue” ci viene narrato di Enoch, un ragazzo che necessita di due protesi d’acciaio per camminare e per tale ragione viene fatto oggetto di bullismo e chiamato “Wall-E”. Questo incipit fa da sfondo alla narrazione, che, esattamente come l’incipit stesso, risulta un enorme calderone, un mix nel quale vengono gettati tanti elementi e nessuno di questi viene adeguatamente sviluppato. L’impressione, leggendo Sogni di Sangue, è di leggere un libro scritto frettolosamente, un libro che avrebbe parecchio beneficiato di qualche mese in più di scrittura, e che purtroppo risulta, cosi com’è, meno soddisfacente di quanto avrebbe potuto essere.
Ogni spunto narrativo, descrittivo e psicologico introdotti nel corso dei brevi capitoli che compongono il libro, si dissolvono rapidamente in un nulla di fatto. Ogni qual volta si ha l’impressione che quella sia finalmente l’occasione per sviluppare carattere e background dei personaggi (minimo, se non nullo in certi casi), per approfondire minimamente il comparto descrittivo (pressoché assente), o qualunque cosa per concedere al lettore un maggior senso di immedesimazione e dare credibilità intrinseca allo scritto, si viene immediatamente ricacciati alla realtà, in quanto quello spunto viene quasi immediatamente abbandonato per affrontare un nuovo punto, poiché il libro offre troppa, troppa carne in tavola per le pochissime pagine che lo compongono. I personaggi ci vengono introdotti come nulla fosse, con una o due righe di descrizione che non consentono in alcun modo di renderli interessanti agli occhi del lettore o di poter comprendere realmente perché facciano quello che fanno (oppure, ancor peggio, la restante parte dei personaggi offerti sono guidati da una psicologia semplicistica, che continua a conferire quella fastidiosa sensazione di leggere approposito di “gusci vuoti” che compiono una serie di azioni impulsive). Il comparto narrativo si evolve con una velocità semplicemente improponibile, e nel corso di 120 pagine (scritte in caratteri enormi, mi permetto di aggiungere) si passa dal trattare argomenti puramente materialistici, passando per fasi oniriche ed esoteriche, fino a raggiungere mitologia egizia, tutte trattate in modo superficiale e frettoloso.
C’è qualcosa di buono in “Sogni di Sangue”. Senza dubbio le tematiche trattate, l’idea di base, e le velocità con cui vengono trattate, pur lasciando enorme amaro in bocca una volta terminata la lettura (ed in parte nello svolgimento della stessa), riescono a coinvolgere fino alla fine, e la lettura è, stilisticamente, abbastanza scorrevole. Ciononostante, l’impianto narrativo crolla sulle sue stesse fondamenta, e mi piacerebbe dire che ciò accada sul finale, ma purtroppo accade in realtà assai prima.
E’ quindi questa l’impressione che si ha leggendo l’ultima fatica della Ghinelli: potenzialità sprecate. Un pasticcio che purtroppo risulta essere disordinato ed insoddisfacente, nonostante qualche indubbio elemento interessante. Come lettura leggera, dove per leggera intendo a mente totalmente spenta e senza alcun tipo di pretesa, risulta essere un testo mediamente gradevole. Peccato, però, che non riesca ad essere nulla di più di questo.