Dettagli Recensione
Schiavone, Ricciardi, Fabio Montale, Harry Hole...
Rocco Schiavone è vicequestore (non commissario, altrimenti si inalbera) ad Aosta ed è il protagonista di "Pista Nera" di Antonio Manzini.
Come altri "detective" italiaci e no, imbastisce indagini su casi a volte interessanti, a volte semplici pretesti per discrivere realtà particolari o personaggi complessi (o presunti tali o che vorrebbero esser tali).
Come altri colleghi non è esente da quella che nella mia mente definisco "La Sindrome di Fabio Montale" (dal primo detective in cui l'ho riscontrata, ma che certamente è molto molto precedente) e che colpisce detective belli e tenebrosi, perseguitati da superiori cretini, devoti alla legge, ma ancor di più al buon senso e al buon cuore (delle piccole "Antigoni"!), con qualche affanno sentimentale piccolo o grande (ma con folle di donne bellissime pronte ad un cenno - ed in genere anche prima), e TUTTI perennemente intenti a sbirciarsi nelle vetrine per confermarsi la loro tetra, ma indiscussa figaggine.
Romano, Rocco Schiavone non fa eccezione: è finito "in esilio" ad Aosta per motivi che non sappiamo, ma che sapremo (immagino).
Decisamente non integerrimo, ma con una sua integrità, anche lui ha uno Watson, mille e uno tormenti e metodi non proprio ortodossi, ma che alla fine funzionano. Anche lui più che volentieri è intento a rimirarsi nelle vetrine e a trovarsi incommensurabilmente figo, però, a tratti ne è consapevole e ci ironizza su.
Come ironizza sui cliché di romanità che spalma allegramente per tutta la storia.
Dalla sua Manzini ha la capacità di caratterizzare con molta freschezza i personaggi attraverso pochi tocchi e di farti sorridere.
L'intreccio "giallo" poteva essere un po' più articolato, ma tutto sommato la lettura è stata piacevole e lieve.