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Debolezze d'agosto
Livia e il Commissario sono di nuovo in guerra, le vacanze cancellate diventano motivo di scontro telefonico, fino a quando Montalbano cede e accetta di prenotare un villino per passare le vacanze con Livia e la sua migliore amica con famiglia al seguito.
Mentre la canicola avvampa, Agosto, in certi anni, sa essere infernale, sudaticcio ma salvo di nome e di fatto, la buona sorte arride al Commissario, che riuscendo a trovare la casa sul mare, pensa di potersi godere felici momenti con Livia.
Mai pensiero fu più errato.
Al villino Pizzo, proverbiale fu il nome, i guai “accomenzarono già dalla matina del terzo jorno” come un novello Egitto, viene assalito dalle bibliche piaghe: scarafaggi, topi e ragni si palesano per infastidire i vacanzieri e quando tutto sembra risolto ecco il colpo di grazia, Bruno, il figlio dell'amica di Livia sparisce. Alla ricerca del bimbo, Montalbano scopre, in una porzione interrata dalla villetta, un baule con all'interno un cadavere.
Questo sepolcro ipogeo, riportato alla luce, turba il suo scopritore, evidenziando intrecci pericolosi tra edilizia, mafia e politica, senza tralasciare banche, usura e incidenti sul lavoro. Un garbuglio di legami criminali avvolge questa costruzione e destabilizza il commissario e l'uomo, rendendoli deboli e vittime delle proprie paure: prima fra tutte la vecchiaia.
Protagonista stanco e accaldato, perde colpi lasciandosi depistare, cade sopraffatto dall'infinita cattiveria della società e dalla probabilità di non riuscire a punire i colpevoli. Trascinato in falsi selciati dalla delusione e dalla passione amorosa, ammaliato da una giovane donna, abbatte l'ultimo tabù: la fedeltà assoluta all'eterna fidanzata. E se il pentimento è dietro l'angolo (“natava e chiangiava. Per la raggia, per l'umiliazione, per la vrigogna...), l'onta della dignità è indelebile.
Un romanzo lento, introspettivo, dal giallo spento tinto di rosa amaro, più resoconto di un connubio complesso e arzigogolato tra il personaggio uomo e quello commissario, tra l'indagine poliziesca e la crisi di mezz'età, dove la voglia di reagire all'avanzare del tempo intacca la lucidità di seguire gli indizi e affievolisce le capacità deduttive.
Comunque interessante.
“E lui, vecchio, allucinato dalla billizza e perso darrè a quella giovintù che l'imbriacava, c'era caduto, a cinquantacinco anni sonati, come un picciliddro.”