Dettagli Recensione
Dio è silenzioso, il diavolo sussurra...
Discreto. Non paragonabile, secondo me, all'esordio di Faletti con 'Io uccido', ma di certo una prima prova ben riuscita per un italiano che s'imbatte nel genere thriller stile CSI.
Le prime pagine sono molto accattivanti, l'autore non indugia eccessivamente sui particolari più macabri degli omicidi seriali, già di per sè violenti e crudeli in quanto perpetrati su bambine in tenera età, ma si concentra sui risvolti psicologici che la vicenda determina sui componenti della squadra investigativa incaricata dell'indagine, in modo particolare Mila, esperta nel ritrovamento di bimbi scomparsi, ed il dottor Gavila, esperto criminologo; entrambi, ovviamente, già provati da esperienze passate alquanto traumatiche il cui ricordo non del tutto sopito riaffiorerà prepotentemente col procedere delle indagini.
E che la sfida con l'assassino sia principalmente su un livello psicologico lo s'intuisce sin dall'inizio quando il dottor Gavila ipotizza quello che secondo lui potrebbe essere il movente dell'assassino, tanto folle quanto spietato:
"Debby. Anneke. Sabine. Melissa. Caroline."
Mila ripeteva in mente quei nomi mentre osservava da dietro un vetro i famigliari delle 5 vittime identificate, che erano stati riuniti per l'occasione nell'obitorio dell'Istituto di medicina legale.
"Guarda lì", disse Goran Gavila alle sue spalle. "Cosa vedi?"
"Vedo quelle bambine morte. Anche se non sono lì. I loro volti sono la somma dei volti dei genitori. Perciò posso vedere le vittime."
"Io vedo, invece, 5 nuclei familiari. Tutti con una diversa estrazione sociale. Con diverso reddito e tenore di vita. Vedo coniugi che, per motivi vari, hanno avuto un solo figlio. Vedo donne che hanno superato abbondantemente i quarant'anni e che perciò non possono biologicamente sperare in un'altra gravidanza. Io vedo questo." Goran si voltò a guardarla. "Sono loro le sue vere vittime. Li ha studiati. Li ha scelti. Una sola figlia. Ha voluto togliergli ogni speranza di superare il lutto, di provare a dimenticare la perdita. Dovranno ricordarsi di quello che gli ha fatto per il resto dei loro giorni. Ha amplificato il loro dolore portandogli via il futuro. Li ha privati della possibilità di tramandare una memoria di sè negli anni a venire, di sopravvivere alla propria morte.. E si è nutrito di questo. E' il compenso del suo sadismo, la fonte del suo piacere".
Ed è su questa sfida che l'autore cerca di catalizzare l'attenzione del lettore.
Nel prosieguo della vicenda, però, Carrisi infonde un'impronta da 'fiction' al suo romanzo creando punti di svolta nella storia troppo vincolati alle abilità investigative dei protagonisti; ed esagera ricorrendo persino all'intervento soprannaturale.
Il colpo di scena finale tuttavia non cade nella banalità, anzi mi sembra molto ben congegnato ed efficace tanto da mettere in secondo piano le imperfezioni sopra citate.