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Giornalismo e morte: un connubio anacronistico
Ci troviamo nel piccolo paesino di Fancuno (nome fittizio, sì, ma che lascia volutamente spazio a qualsiasi assonanza da parte del lettore 'politicamente scorretto'), fulmineamente sconvolto da un serial killer che uccide senza un 'modus operandi' ben definito e che firma i propri misfatti con parole e frasi totalmente sgrammaticate. Subito tutte le attenzioni del caso vengono rivolte sull'unico analfabeta della cittadina, Ciorno, ma appare altrettanto evidente che dietro questi efferati crimini si nasconde una psiche meno bonacciona e molto più crudele. Ed è così che dai clienti di lunga data del bar di Siusy, al trasognato giornalista che fa da inerme e quasi scocciata voce narrante, passando per le forze dell'ordine capitanate da un commissario approssimativo e amante degli scacchi, tutti seguono la propria pista per smascherare il tanto temuto delinquente, o, come lui stesso preferisce definirsi, 'sirial ciller'.
Sin dalle prime pagine, appare assolutamente normale avvertire quasi una sensazione di straniamento: ci si ritrova, infatti, catapultati in un mondo immaginario che è il giusto miscuglio eterogeneo di colori, tradizioni, misteri, leggende e amenità riguardanti Falcuno e i suoi alquanto istrionici abitanti.
Sicuramente azzeccata la scelta del narratore onnisciente che offre parallelamente le due angolazioni attraverso le quali si snoda l'intreccio del romanzo: da un lato, un ritmo compassato per descrivere le superficiali e flemmatiche indagini della polizia e dei paesani; dall'altro lato, la fulminea e sincopata irrazionalità della mente del 'Bastardo' riesce a creare un climax di barbarie e disagio tale che il romanzo si discosta notevolmente dai gialli investigativi di taglio classico.
Una trama all'apparenza scarna e lineare nasconde, nel suo noumeno più recondito, una visione tragica della perdita umana e una lettura nostalgica della sfera paternalistica. Tutte considerazioni enumerate e raccontate secondo un andirivieni linguistico dai toni prima enigmatici, poi grotteschi, passando per una costante, continua, sana e tradizionale ironia: il risultato finale è una tela poliedrica e polisemantica, ma non per questo confusa o di difficile interpretazione.
Anche perché, in fondo, ma proprio in fondo, 'La vita è bella. La morte pure, se non è la tua.'.