Dettagli Recensione
Milano come Sin City...
Ho adorato Rosso Italiano, una sorpresa, una lettura piacevolissima quanto la visione di un film di Tarantino o Rodriguez, i miei registi preferiti.
Ma se in Rosso Italiano l'autore tinge di 'pulp' la sua storia senza farsi prendere troppo la mano, educatamente direi, quasi come se lui stesso si fosse imposto una sorta di censura, in Chiamami Buio le catene si rompono, le tinte pulp sfociano nel trash-splatter estremo non certo adatto a lettori facilmente suscettibili.
Anche la trama ne risente, meno curata e più scarna rispetto a quella di Rosso Italiano, e porta in primo piano in un crescendo di volgarità ed oscenità le nefandezze perpetrate in uno scorcio della periferia milanese, la 'discarica', dove gli unici esseri viventi dotati di un minimo di umanità sembrano essere i cani randagi.
E questa sporcizia morale dilaga ovunque, infetta chiunque, anche il protagonista Buio, poliziotto corrotto, cocainomane e puttaniere la cui vita si basa su tre regole fondamentali:
"Prima regola dello sbirro che vuole arrivare alla pensione: fatti i cazzi tuoi.
Seconda regola: non ti distrarre e continua a farteli, che stai andando bene.
Terza regola: se non hai seguito le prime due, la terza non ti serve più a una madonna perchè sei già crepato da un pezzo."
E la sporcizia dilaga anche tra le pagine del libro, il turpiloquio abbonda, ogni singolo periodo è infarcito di parolacce, bestemmie, spesso colorite e fantasiose.
Coooomunque... sapete cosa vi dico.. a me è piaciuto, cazzo.
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Quanto sono brutti gli effetti della licenza!