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Tanto va la gatta al lardo...
Mauro Assante, il dottor Mauro Assante, è un ispettore bancario. Ha il compito di redigere una relazione ispettiva su una banca. Mauro è sposato con Mutti e ha un figlio, Stefano. E’ una classica persona perbene, cinquantenne, funzionario modello, marito integerrimo, padre amorevole. Non ha vizi né ne ha mai avuti, porterebbe avanti una vita noiosa e pedante, come è lui nel fondo, se non ci fosse una moglie esuberante ed estroversa che riesce a fargli fare anche un po’ di vita sociale. Ma come lui stesso si definisce, Mutti è solo riuscita a mettere un vestito con giacca e cravatta all’orso che è rimasto nell’intimo.
Mutti è in montagna con il bambino, Mauro è a casa da solo, immerso nella sua relazione.
Questa la cornice, prospettiva di una noia terribile, ma succede, all’improvviso, il primo colpo di scena che destabilizza la monotonia. Suonano alla porta, Mauro apre e gli si presenta una visione: una donna bellissima, elegante, affannata, si presenta affermando di essere puntualissima. Puntualissima per cosa? Per chi? Tentativi di capirne qualcosa da parte di entrambi non sortiscono alcun effetto. L’unica cosa certa è che no, non è stato lui a telefonare all’agenzia.
E così inizia il complotto, perché di tale si tratta, fatto di equivoci, persone che danno l’impressione di tenerti sotto controllo, macchine che spariscono e si ritrovano subito dopo, enciclopedie mai ordinate, con un’unica, abile, immancabile, regista : lei, Carla.
Carla lavora per un’agenzia di escort e sa tessere la sua ragnatela e l’imbranato Mauro è una preda fin troppo facile. La tensione a poco a poco sale, sia tra Mauro e la bella Carla, sia nel racconto. Quella vecchia canaglia di Camilleri si diverte un sacco a depistarci, gioca d’azzardo e ci mette sul chi va là dandoci prove concrete che l’ispezione alla Banca Santamaria è una rogna, dietro c’è qualcosa di poco chiaro, personaggi politici invischiati, insomma si sa come vanno a finire queste cose.
Ma il nostro Mauro è caduto nella rete, inebetito dalle malie di Carla, ci va a letto, perde la testa anche perché sembra ricambiato e lei ci gioca come il gatto con il topo, ottenendone la piena fiducia.
Raccontare un noir vuol dire appiattirlo, togliergli vita e alla fine banalizzarlo.
Dirò che c’avevo visto giusto: quella smorfiosa della Carla che fa tanto la gattina, ed è così premurosa, gli procura anche l’appoggio di un suo ex che fa il vicecommissario…….
La fine dei romanzi non si racconta ma raccontare l’epilogo di un noir è un sacrilegio perciò lascio al lettore il gusto di scoprirlo.
Camilleri è sempre superbo anche se forse, stavolta, con un retrogusto amaro.