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Chi mi ha piantato lì in mezzo?
Cesare Almansi è un brillante avvocato genovese (“Come avvocato si è occupato di diritti del lavoro, specialmente degli immigrati, e di tutela del paesaggio e dell’ambiente”), che imprime un’accelerazione alla propria carriera candidandosi per il senato della Repubblica. A seguito di tale iniziativa riceve misteriose telefonate minatorie (“Sì, quando ho risposto che non mi faceva paura, ha detto che stava a me scegliere tra un avvocato vivo e un senatore morto”).
Cesare decide di rivolgersi all’investigatore Bacci Pagano, suo ex compagno del liceo, che così viene a contatto con il team elettorale dell’amico. Del gruppo fa parte la bella Lou (“Lou Andreas come… l’amante di Rilke che fu allieva di Freud”), con la quale l’investigatore intesse un’intensa relazione amorosa.
Nell’atmosfera magica e contradditoria di Genova (“…mi rintano nel caldo rifugio del Caffè degli Specchi. Siedo al tavolo che dà sulla vetrina di salita Pollaiuoli, dove Agostina Belli e Vittorio Gassman hanno recitato nel film Profumo di donna”), prende corpo la storia familiare (“Mio padre si chiamava Guido… faceva parte del gruppo armato… con il nome di battaglia di Biscia”), personale (“Non è forse vero che voi compagni di Almansi siete ammalati di nostalgia?”) e sentimentale di Bacci Pagano, che – rovistando negli intrighi politici e malavitosi – porta a galla i retroscena di un delitto (“Ho letto sui giornali che lei è stato ingaggiato dall’avvocato… e ora viene a informarsi su un omicidio avvenuto oltre trent’anni fa…”) ove gli indizi sono sepolti nell’inconscio: “Il sogno voleva ricordarmi che la ragazza dai capelli rossi usciva dalla discoteca in cui avevo trascorso l’ultima notte di baldoria con il mio compagno di liceo” dopo una prigionia di cinque anni per presunto terrorismo…
La narrazione di Bruno Morchio è efficace e coinvolgente, spesso contaminata da termini prettamente genovesi dei quali viene fornito un piccolo vocabolario in appendice. La fantasia viene facilmente impressionata dall’icona de “Lo spaventapasseri”: dal titolo, il fantoccio-spauracchio occhieggia a suggestionare il lettore che ha modo di gustare una detective story impregnata di risvolti drammatici: “Perché gli spaventapasseri fanno paura senza saperlo. E io voglio scoprire perché mi hanno piantato lì in mezzo…”
Consigliato agli amanti del genere e a chi apprezza il fatto che l’intreccio abbia uno spessore…
Bruno Elpis
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Commenti
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Il mio giudizio, ovviamente soggettivo, in genere corrisponde al livello di appagamento che traggo da una lettura. Nella mia valutazione “a caldo” risultano determinanti sia la gradevolezza della trama sia i contenuti. Questo romanzo, in particolare, affronta un tema a me molto caro e da me molto sentito: l’autore, evidentemente forte della sua esperienza personale, tratta – con una storia ben costruita, credibile e piacevole – il tema del fallimento degli ideali del ’68 e il vuoto culturale dei nostri anni, trasfondendo nel protagonista della detective story (un genere che mi piace) il disagio culturale: il personaggio “Bacci Pagano” incarna nella sua indagine questo conflitto esistenziale. Lo trovo un modo originale per proporre (anche ai più giovani o a chi non ha vissuto quell’epoca) uno spunto di riflessione interessante, in forma romanzata e accattivante. Anche il commento che mi ha preceduto ha espresso una valutazione molto positiva: resta il fatto che, naturalmente, io rappresento soltanto un’opinione… :-)
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Tutto bene; sono solo un po' disorientato fra il divario (almeno, da me così percepito) fra il commento e l'altissima valutazione attribuita, quella che non tutti i capolavori della letteratura ottengono.