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Ancora l'inimitabile e indimenticabile Giorgio
Dopo aver letto (e riletto) "Io uccido", e dopo la scomparsa di Giorgio Faletti, ho deciso di leggere un altro dei suoi romanzi soprattutto per scoprire se la stessa persona avrebbe potuto catturarmi, emozionarmi e sorprendermi: un po' come quando, da grande appassionato di calcio, vedo un giocatore che non conosco giocare una grande partita, da campione, ma prima di chiamarlo "campione" mi riservo di osservarlo in un'altra partita. Bene, credo che Giorgio Faletti sia un Campione, con la C maiuscola.
Ho impiegato pochissime pagine a ritrovare il suo stile penetrante e unico che avevo imparato a conoscere in "Io uccido", ed è stato come ricominciare un capitolo interrotto. Sono tante le cose che mi hanno sorpreso in positivo, confermando le impressioni avute in precedenza: la capacità di descrivere la vicenda dando importanza alla storia di ogni personaggio, anche il meno significativo per la vicenda stessa, che mi fa pensare quanto lo scrittore sia stato nella vita un grande osservatore, qualità che apprezzo e che cerco di "imitare"; la personalità dell'assassino, che è soltanto una delle due facce di una moneta; e, non meno importante, il fatto che sia riuscito a fregarmi ancora, alla grande.
Bellissima conferma, insomma, peccato soltanto per il finale un po' troppo controverso e indecifrabile.
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