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Una montagna dalla cima piatta
Lo stile è efficace, con pause ad effetto che sono il marchio di fabbrica dell'eloquio di Lucarelli, l'ironia non manca e le atmosfere esotiche sono ben descritte anche dal punto di vista storico-linguistico.
L'Eritrea di fine Ottocento colonizzata dagli italiani spicca vivida e le folate di caldo africano sfiorano il lettore, insieme all'aroma dei chicchi di caffè tostati, ma la trama di questo giallo con venature da intrigo internazionale è debole e ingarbugliata e la noia avanza inesorabile man mano che si procede nella lettura.
La soluzione poi, malgrado tutto l'ambaradan che sta dietro, è il trionfo della banalità e ricorda quella dei delitti della Settimana Enigmistica.
Nulla da rilevare sui due protagonisti, il capitano Colaprico e il carabiniere indigeno Agbà, a parte il baffo del primo e la perspicacia del secondo, Sherlock Holmes abissino che dice “Berghèz” - “Ovvio” - invece di “Elementary my dear Watson” (le similitudini, a dire il vero, si fermano qui).
Intrigante, invece, la figura della “ualla” la “monella” seduttrice ma non propriamente prostituta che muove indirettamente le fila degli eventi con l'unico scopo di godersi il più possibile la vita, a volte giocando col fuoco.
Non ci sono però abbastanza elementi per definire interessante un romanzo che si legge per forza d'inerzia e si fa presto a dimenticare, del tutto privo com'è di suspense e mordente.
Una montagna dalla cima piatta, proprio come quelle eritree.
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Commenti
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@Gracy: credo che gli manchi l'idea giusta, perché lo stile c'è!
@Emilio: sì, una vera desolazione nel mondo dell'editoria! Poi chissà perché ultimamente con i romanzi da leggere non ne imbrocco una :-)
Lucarelli sarà anche il papà di Coliandro, ma non di Giampaolo Morelli, l'attore che lo interpreta, eheh...
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