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sangue, pizza e sfogliatelle!
Nonostante la primavera bussi alle porte del commissario Ricciardi una sorte di "inverno" sentimentale lo attanaglia in un vortice di parole non dette, incontri mal riusciti e spiragli di un passato che emergono con la stessa calma con la quale la neve si scioglie al primo sole. Dall'altra parte abbiamo la vera primavera, quella del suo sottoposto Maione che rincontra la stagione dello sbocciare in un nuovo-antico amore.
In questa cornice, che mi attira molto più delle indagini, si sviluppa il secondo libro di Maurizio de Giovanni "La condanna del sangue. La primavera dell'ispettore Ricciardi" [Fandango 2008 ].
Le vicende sono legate a tratti caratteristici della "napoletanità": la "magia", "l'arte dell'arrangiarsi" e "la passione". Una cartomante usuraia viene trovata morta in casa sua, una bellissima donna è sfregiata in volto, una coppia di aristocratici vive la morte del loro rapporto in una burrasca sentimentale che sembra non avere un epilogo, un ragazzo di bell'aspetto cerca di salire i gradini sociali, un uomo tenta di dare una scossa alla sua vita aprendo una pizzeria....
Già da questo primo flash si può capire che, a differenza del primo libro, ci si trova in una struttura più complessa dove, la linearità e la semplicità dell'esordio, vengono messi alla prova da un fiume di personaggi che, specie nei primi capitoli, rende la lettura un po' complessa riuscendo a divenire più semplice solo verso la fine quando i riflettori vengono puntati sui pochi sospetti che rimangono in scena.
Francamente non riesco ancora a capire perché, De Giovanni, pone le vicende di Ricciardi in un tempo così lontano come il 1931. Avendo già letto le vicende dei bastardi di Pizzofalcone non riesco quasi a percepirne la differenza temporale se non nelle descrizioni dei vestiti o di qualche lontano accenno. Ma questo non è certo un "problema" perché il libro si fa leggere e riesce a rapirti portandoti a respirare il buon profumo di una pizza bollita nell'olio o a sentire la delicatezza della sfogliatella appena sfornata.
Per concludere, come scrivevo all'inizio di questa mia recensione, rimane molto interessante, spingendoti tra le mani il terzo episodio, il contorno della storia: la sfuggevole Enrica che, da dietro la finestra osserva e viene osservata dal nostro commissario, il passato dello stesso che fa capolino in alcune frasi, la vita privata di Maione e le sue problematiche famigliari, le dinamiche di potere di una Napoli alla ricerca di quella "perfezione fascista" che non è nelle sue corde, il "Fatto" vissuto ora come dono ora come maledizione.... questi sono tutti ingredienti che rendono il libro appetibile. Forse l'unico vero problema è la digestione dell'abbuffata dei personaggi iniziali... ma questa è una opinione personale di chi legge, purtroppo, un pezzo e un boccone! Buona lettura.