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La giostra dei fiori spezzati. L’angelo sterminato
L’ultimo libro di Matteo Strukul, “La giostra dei fiori spezzati” rappresenta l’ottima prova di un autore che fino a ora si era cimentato con il mondo contemporaneo e tutte le sue rappresentazioni al di là della scrittura, quali cinema, fumetti, musica. Come dimenticare il finale di “Regina nera”, quando Mila Zago ritrova se stessa, dopo l’orrore di quell’avventura, soltanto in un concerto di Ozzy Osbourne? Il cambiamento ne “La giostra …” può apparire repentino, ma a uno sguardo più attento si nota come Strukul, da scrittore ormai collaudato, condisca una trama gotica (un angelo sterminatore che uccide solo prostitute che recano il nome di un fiore) con un’ insieme di interventi narrativi che mostrano la Padova di fine Ottocento nei suoi molteplici aspetti, storici, politici, antropologici. Il terreno dove agisce il killer è il quartiere padovano del Portello, il più povero, da quando la ferrovia ha deviato i flussi, dapprima fluviali, delle merci su le chemin du fer. Le descrizioni del Portello, con i suoi loschi postriboli, restituiscono al lettore le immagini fetide di un quartiere malfamato dove regnano criminali e papponi, terreno di caccia ideale per l’Angelo Sterminatore. La ricostruzione storica è perfetta, è per osmosi che il lettore percepisce le rivolte del quartiere mosse da un giornalista “progressista” verso le forze di polizia, ritenute colpevoli di inerzia. A cercare il bandolo della matassa, c’è un nuovo eroe, l’alienista Alexander Weisz che, come nei migliori thriller di oltre oceano, ha un tremendo passato alle spalle, è solo contro la maggioranza dei colleghi nel mettere in discussione le teorie positivistiche lombrosiane, credendo che solo la contestualizzazione della colpa sia la strada per le nuove scienze giuridiche applicate alla psichiatria.
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