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Paura del vuoto
Il romanzo inizia bene, lo stile è scorrevole e non mancano passaggi arguti ed ironici, anche se l'espediente della sigaretta come pensiero ricorrente di un ex fumatore non è tra i più originali.
L'io narrante, avvocato Guido Guerrieri, dà subito l'impressione di uno che ha molto da dire e raccontare, un gran chiacchierone alquanto pieno di sé che mette in mostra le sue fragilità col chiaro intento di catturare le simpatie del lettore.
Nel caso specifico, è la paura di lanciarsi nel vuoto, un blocco che risale all'infanzia con tutti i risvolti psicologici utili per dare il solito tocco di malinconia al protagonista (“Potevo essere tante cose che non saranno, perché non ho avuto il coraggio di provarci”).
Poi c'è la trama principale, un caso di violenza e stalking per il quale Guerrieri accetta di costituirsi avvocato di parte civile col rischio di rimetterci la carriera (l'imputato è uno della Bari bene, figlio di un pezzo grosso negli ambienti giudiziari).
La narrazione, dicevamo, non brilla certo per originalità, i personaggi hanno poco spessore e la noia arriva inesorabile dopo una cinquantina di pagine, soprattutto per chi nutre poco interesse nell'apprendimento delle fasi di un processo penale con relative nozioni giuridiche.
I giochi d'astuzia in aula del Perry Mason all'italiana sono talmente triti che si potrebbe anche riportarli senza spoilerare più di tanto e i cliché sono spalmati un po' ovunque, mentre si indugia troppo in nostalgici ricordi personali che non hanno niente a che vedere con l'argomento.
Ci sono scene che diventano “in bianco e nero” tutte le volte in cui si vuol far capire quanto siano d'impatto, e non può mancare la svolta finale, poco verosimile ma indispensabile per buttare tutto in caciara in un caso altrimenti senza uscita.
Uno scrittore di razza avrebbe affrontato temi drammatici come la violenza su donne e bambini trasmettendo più emozioni e meno nozioni, qui invece tutto ruota fondamentalmente intorno alla figura di Guerrieri con i suoi gusti sofisticati, che si dà del “coglione” per far intendere quanto in realtà sia figo, che rivela piccole debolezze per mettere in risalto grandi qualità, con frasi da film cult americano:
“Perché sei diventato avvocato?”
“Non sapevo cosa fare. E se lo sapevo, ho avuto paura di provarci”.
Già, la paura del vuoto, lo stesso in cui rischia di precipitare la letteratura italiana contemporanea.
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Commenti
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Anch'io ho sempre associato Guerrieri alla faccia dell'autore...si sa no che poi chi si ama ha sempre le qualità che hai ricordato...io nella vita tifo sempre per il più figo! Ahahahah...Grandiosa!!
Vado a fumarmi una sigaretta eheheheh
@Gracy: tra il sentirsi figo e l'esserlo davvero c'è una bella differenza, anzi di solito una cosa esclude l'altra :-P
@Emilio: perfettamente d'accordo, cerchiamo di difendere la vera letteratura!
Grazie a tutti :-)
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