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Un covo di vipere
Prima di dare un giudizio, è necessario stabilire cosa si è cercato in questo libro. Se si voleva incontrare ancora una volta Montalbano e il piccolo mondo che gli gira intorno, tutto va per il meglio, tra gli immancabili caratteristi del commissariato – gli strafalcioni di Catarella, l’anagrafe di Fazio, l’esperienza in materia di gentil sesso di Augiello – e le non indispensabili donne di contorno (quanto ad antipatia, non si sa chi scegliere tra Livia e Adelina). Sei il desiderio era, invece, quello di un buon giallo, allora non ci siamo proprio. Ci vogliono sì e no trenta pagine per intuire chi è l’assassino, tanto che non si capisce come il commissario ce ne impieghi altre duecento e più per arrivare al medesimo risultato avendo pure bisogno di rivelazioni esterne e, soprattutto, di un improbabile deus ex machina. Magari sarà l’età che avanza e di cui, ogni tanto, il nostro si lamenta, o forse può darsi che le abbondanti mangiate che si fa a paranzo e a cena (ben innaffiate, tra l’altro) finiscano per rallentargli l’acume poliziottesco. Malgrado questi evidenti difetti, Camilleri sa farsi leggere sempre con piacere, convincendo il lettore a perdonare anche un personaggio del tutto superfluo come Mario: il ritmo è sempre di tutto rispetto e il gioco di una lingua che è dialetto italianizzato sarà anche risaputo, ma funziona ancora, collaborando all’efficacia dei momenti più leggeri e degli spunti comici sparsi qui e là in una storia particolarmente cupa dal punto di vista psicologico. In più, lo scrittore siciliano tralascia i riferimenti diretti al mondo reale e, soprattutto, costruisce un finale intessuto di delicatezza e partecipazione che compensa qualsiasi passaggio a vuoto che l’ha preceduto. Nella postfazione, l’autore racconta di come la caccia all’assassino dello spregevole Cosimo Barletta – uomo di assoluta insensibilità, avido, erotomane e pure strozzino nonché immerso in una rete di relazioni di spiccata abiezione morale (come da titolo) – sia rimasta nel cassetto per qualche anno: prendendo per buoni i motivi addotti, resta l’impressione che la pausa di riflessione sia stata dovuta anche al fatto che la ciambella dell’investigazione non volesse (o potesse, visto il risultato finale) venire con il buco. Posto che io faccio parte della prima fra le due categorie di cui sopra perché è passato parecchio tempo dall’ultima volta che ho incrociato Montalbano, ‘Un covo di vipere’ deve essere classificato come un epsiodio minore fra i romanzi a lui dedicati: garantisce qualche ora di lettura comunque divertente, ma rimane ben lontano dal livello medio delle indagini del commissario inventato da Camilleri.