Dettagli Recensione
Ascolta, la neve sta cadendo
Che questo giallo abbia tutti gli ingredienti e nelle giuste dosi per piacermi, non ci sono dubbi.
Valdiluce è il tipico paese di provincia, anzi di più, è una piccola località sciistica tra gli Appennini tosco emiliani, dove tutti sanno tutto di tutti e dove non accade quasi mai nulla.
Marzio Santoni è il poliziotto responsabile della pubblica sicurezza del luogo, detto Lupo Bianco per una disavventura accadutagli tra i boschi da piccolo e per il suo rapporto quasi carnale con la neve e la natura.
L’evento efferato e inatteso? Quattro giovani turiste trovate inspiegabilmente morte nel residence dove alloggiavano, asfissiate dal gas fuoriuscito dai fornelli della cucina. Nessuna perdita nell’impianto, nessuna manomissione, si tratta a prima vista di un apparente anche se poco credibile suicidio collettivo, dopo una abbondante cena innaffiata da altrettanto alcool.
Aggiungiamo infine che il nostro ispettore ha appena avuto una relazione con Elisabetta, una delle quattro giovani donne, poi trovate morte nel residence, e forse se n’era pure innamorato. La fugace e calda passione con lei, ne ha inaspettatamente disgelato il cuore e l’anima, la morte improvvisa dell’amata ne ha fermato come in un istantanea, i suoi odori, sapori ed emozioni.
Ma com’è possibile che fino a qualche ora prima Elisabetta era felice con Lupo Bianco e dopo qualche ora ha deciso di farla finita assieme alle sue tre amiche? Da qui partono le indagini di Lupo Bianco che devono necessariamente pescare nel torbido, svelare legami inattesi, scomode e sconcertanti verità private. E per il protagonista ogni relitto più nascosto che fa riemergere dalle limacciose acque del passato, è una fitta lancinante che ne sconquassa l’anima, una crepa nel cuore, il gesso sulla lavagna che stride acuto al nome di Elisabetta.
Lo confesso ho sempre avuto un debole per questo tipo di romanzi, due volte su tre mi fa ricadere la scelta sul noir italiano, e sfuggire alle allettanti note di copertina del thrillerone americano, con le sue metropoli chiassose e brulicanti o alle estenuanti cacce all’uomo tra le polverose strade del New Mexico o le vaste foreste del Wyoming. Anche se dopo tante premesse qualcosa durante lo sviluppo della storia s’inceppa, l’autore non affonda come dovrebbe, ingarbugliandosi più sul cosa e come è successo, piuttosto che sul perché.
E se invece di aver descritto la trama del Suicidio perfetto, abbiamo parlato di ricette, mi sembra sia proprio quella della farfalle al salmone della zia Giusy, che spadroneggia con i suoi manicaretti proprio in questi giorni di abbondanti mangiate natalizie, belle a vedersi, inebriante l’odore, piuttosto insipide da mangiare. Per Franco Matteucci è quindi una occasione persa per metà, anche se diversi passaggi piuttosto ben scritti e una certa scorrevolezza nel testo mi inducono a pensare che l’autore debba provarci ancora.
Largo ai giovani scrittori italiani dunque, che sanno trarre dalla provincia italiana tic, rancori, mezze verità, dolori sopiti nel tempo, ma pronti a riemergere e a tracimare, mentre io devo fare a meno di mangiare un’altra fetta di panettone, non sarà bello a vedersi e profumato come le farfalle al salmone della zia Giusy, ma il sapore classico e robusto sfida il girovita, certo di vincere la partita a mani basse.