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Una nuova indagine per il commissario Giordàn
Una nuova indagine per il commissario Giordàn, il poliziotto di provincia, dalla vita solitaria e riservata, creato dalla penna di Bruno Elpis e già protagonista del romanzo “Il Carnevale dei delitti”. Anche se non sono una grande lettrice di gialli, ho comunque un debole per le storie a incastro, dove i destini di persone apparentemente sconosciute tra loro risultano in realtà intrecciate e accomunate da elementi che si possono cogliere solo dopo un’accurata indagine.
Anche qui all’inizio c’è un delitto, come un buon thriller che si rispetti, ma è un delitto che scaturisce dalla scoperta di un altro delitto sepolto nel passato: Elpis sceglie di rivelarci gli eventi e gli indizi gradualmente, scartando l’idea di un investigatore onnisciente e troppo astuto, e preferendo invece un uomo tutto sommato normale, che può contare però sulla pazienza di mettersi in attesa e di raccogliere gli spunti che gli vengono da ogni aspetto della sua ricerca (che si tratti di un’impressione istintiva o anche dell’illuminazione provocata dalle traduzioni dal latino e dal greco della nipote liceale).
Nelle sue investigazioni il commissario è coadiuvato da un vero pool di donne sveglie e affettuose (punto a favore: non c’è lo stereotipo dell’eroe venerato e il gruppo femminile - la dottoressa Cornelia, la nipote Gabriella, l’assistente Betty - si distingue per simpatia) e ha comunque la convinzione che l’origine del peccato dei suoi personaggi “negativi” sia da individuare, in realtà, in traumi della prima infanzia (non a caso, nelle note si citano Freud e i suoi casi clinici).
Secondo punto a favore, a mio parere, è l’ambientazione del lago di Como. Anche se da tempo ci siamo abituati a una visione un po’ mondana di quello scenario, per via dei divi di Hollywood che vi hanno preso casa, Elpis se ne riappropria, restituendoci un lago “intimo” con un retroterra montano, un po’ cupo, innevato, quasi una sorta di presepe da cartolina nostrano. E ulteriore aspetto positivo è il collegare i misteri della trama all’ulteriore “giallo” storico-archeologico dei massi avelli, antiche pietre tombali che si trovano in quelle zone, e che gli esperti non sono mai riusciti a datare e a destinare con esattezza a una popolazione specifica (Goti, Franchi o Longobardi, chissà).
Lo stile, infine: secco ma piacevole, fatto di piccole frasi e di aggettivi indovinati. All’autore basta poco per delineare un personaggio o per creare un’atmosfera: “Di fondo il lago intonava la sua litania, fatta di onde e burrasca sotto la pioggia battente.”
Anche quando è il momento di addentrarsi nei sentimenti, a mio parere si avverte che lo scrittore è un uomo, perché e tenero e allo stesso tempo pudico nel rivelarli e nel descriverli. E’ un fatto a cui ci si deve rassegnare: le donne – anche quando scrivono – finiscono per raccontare e raccontare, forse troppo. I maschi sono agitati da grandi passioni, dentro, ma sono parchi nel manifestarle, quasi sibillini (ed è per questo che – spesso, a torto o a ragione - si attirano gli strali delle loro compagne).
E infatti, pure di fronte alla degenerazione di un legame amoroso, Elpis riesce a tratteggiarlo in modo conciso e tuttavia con un’eleganza che lascia stupiti.
Un giallo breve ma particolare, che mi ha lasciato soddisfatta e che al contempo mi ha insegnato e/o fatto ricordare parecchie nozioni storiche, grazie alle tante citazioni disseminate qua e là (non come mero sfoggio di erudizione, ma come elementi propri della cultura di Giordàn/Elpis che contribuiscono a renderlo l’uomo/scrittore che è).
Se avete qualche curiosità, intervista con l'Autore su http://www.sognipensieriparole.com/2013/12/il-mistero-dei-massi-avelli-di-bruno.html
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Commenti
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Ordina
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Insomma ancora una volta Bruno si è dimostrato per quello che è...sensibile, attento, erudito...ed elegante nei modi, in qualsiasi situazione !...qualità davvero rare...
Pia
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