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Noir e vuoti silenziosi: tipicità di Carrisi
Dopo il suggeritore ho terminato il mio secondo libro di Carrisi, con rammarico, come nel primo. Il romanzo si legge con piacere, in poche pagine ci si intreccia al racconto e si accede agli ambienti del libro, ambienti silenziosi dove i protagonisti compiono ricerche, dove avvengono omicidi, dove c'è chi si nasconde e chi viene cercato, ma in ambienti che richiamano al silenzio come se vedessi un film muto, ovattato. Carrisi indipendentemente dal libro evoca delle sensazioni di tipicità, mentre lo leggi lo riconosci fra molti, come il calice di un buon vino.
Anche qui Mila Vasquez, come nel suggeritore, volano schivo e non troppo accattivante di un racconto che si svolge in ambientazioni molto stimolanti descritte con parole poco note ed incisive che catturano l'attenzione e fissano il ricordo, dall'obiotrio agli uffici del Limbo, alla camera 317 dell'Ambrus hotel, quest'ultima grondante atmosfere vintage come nel migliore Shining di Stephen King.
La regia degli omicidi e' manipolata da un predicatore, figura eterea e rarefatta che, a proposito di tipicità, sarà svelata solamente nelle ultimissime pagine con dei colpi di scena imprevisti e dopo aver terminato una partita a scacchi dal ritmo trainante dalla Vasquez che cerca, fiuta e si fa braccare dal Buio che assume molteplici forme che alimentano il coraggio ma soggiogano la mente.
Libro consigliato, un noir come ce ne sono pochi, soprattutto nella narrativa italiana, scritto così bene da sembrare straniero.
Dulcis in fondo, come nel suggeritore un'intensità narrativa tanto dettagliata ed appassionante quanto poi sfuggente ed eterea, a fine libro, come al risveglio dopo un intenso ed appagante sogno notturno, i dettagli del racconto dopo pochi giorni sfumano.