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Quando Perseo non ha lo scudo
In una Vigata sfumata, soffocante, nella quale si infiamma una tarantella inestinguibile di sospettati, comparse, erotomani, malesseri improvvisi e fedeltà fragile come soltanto l’indole umana può essere, in questa dimensione angosciante, senza respiro, senza soluzione di continuità, sull’orlo di una crisi di nervi improvvisa, Montalbano è chiamato alla soluzione di un delitto. Intuibile la soluzione, fin dalle prime battute, anche senza prove, basta l’istinto a collegare un puzzle troppo lineare di enigmi più o meno risolti, a far combaciare i dettagli, a farli soggiacere all’imperativo categorico di una qualche sensazione impellente; basta l’irragionevole pervicacia umana a cancellare i depistaggi, perché in fondo, a volte, essere testardi preclude delle vie, ma elimina i dubbi. È insomma un giallo terribile.
Eppure in questo clima sospeso, in questo frenetico movimento di corpi che si alterna alle pause di un Montalbano interrotto spinto fino all’esacerbazione, il giallo conta poco, specialmente di fronte ad un’energia pulsante che fa tentennare, inorridire, eppure attrae punto dopo punto fino a svelare l’abisso. Perché palpita al di sotto della trama, un interrogativo viscido, eppure irrinunciabile, cui la fatalità, come nel più perfetto dei drammi greci, sacrificherà una giustizia umana e civile irrimediabilmente imperfetta.
D’altra parte la tragedia greca è stata forse fonte d’ispirazione, sicuramente i parallelismi sono evidenti, fin dal titolo, nel quale si consuma e si risolve tutta la storia. Perché Montalbano, novello Perseo, dovrà affrontare Medusa, mostruosa creatura condannata da Atena (dea della ragione) per la protervia e la vanità. I serpenti, le vipere, che si agitano sul suo capo, sono l’emblema di una colpa che tormenta e che marchia per il resto dell’esistenza. Orrenda a vedersi, Medusa pietrifica chiunque osi guardarla; Medusa, ovvero perversione intellettuale. E Perseo sarebbe destinato a soccombere, se Atena non corresse in suo aiuto, donando uno scudo attraverso cui vedere l’abisso. Eppure, nel tragico consumarsi della storia, Montalbano (Perseo irrimediabilmente umano) non ha nessun aiuto, né tantomeno riesce a sostenere lo sguardo diretto del mostro. E così, nella pessimistica rivisitazione del mito, l’eroe coglie i propri limiti, quelli della ragione che non riesce a soverchiare la compassione. Ed in questo drammatico gioco di forze, il giudizio rimane sospeso, a contemplare le colpe di un’umanità sull’orlo della disgregazione. E per fuggire dal nulla, non rimane che il silenzio.
Camilleri scrive un giallo imperfetto, ma anche una storia palpitante, quasi ad estendere il nietzschiano “se tu scruterai dentro l’abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te”, tessendo l’esile trama con uno sguardo impietoso su una vita famigliare distrutta, tra il ripugnante e l’erotico: eppure anche l’amore non ha nulla di gioioso, anch’esso è disperato, brutale, carnale, viscido, pornografico. Nessuna lama di luce, nessuno spiraglio in un universo torbido alla ricerca di redenzione.
Ammirevole l’obiettivo del testo, ambizioso il contenuto, straniante il siciliano se letto per la prima volta. L’unico errore di questo giallo, un errore strutturale, e di prospettiva, è il genere stesso: il giallo deve essere tale, non può tentare di giudicar la realtà, a rischio di svilire l’indagine. Camilleri evita una caduta, e in questo sta la sua maestria, e la sua abilità. E se la soluzione del caso non stupisce, sorprende forse come ad essa si giunga. O magari, per un Perseo riluttante ad uccidere la Medusa, un’alternativa può giungere soltanto da un deus ex machina.
Libro estremamente intelligente, di un’erudizione dissimulata, in miracoloso equilibrio tra due istanze (il giallo e la riflessione sociale/umana) che, dettate dal timore di un tema tanto grande, la ragione non riesce a riequilibrare.
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PS è incredibile come Nietzsche rientra in ogni ambito dell'esistenza umana! Veramente incredibile!