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Nonostante Jean-Loup
Questa volta mi metto il cappello da chef e scodello la ricetta del giorno.
Ingredienti:
1) il giovanilismo di un protagonista che di professione fa il deejay a Radio Montecarlo e di nome fa Jean-Loup (originale, vero, il nome da licantropo? E quand’era piccolo, i parenti lo vezzeggiavano chiamandolo “lupacchiotto”?);
2) i richiami del palco-vip e del jet set, la Montecarlo dei principi, irrequieti figli della più celestiale diva di Hollywood, la Montecarlo plastificata e mondana del Gran Premio di Formula 1, paradiso terrestre - off shore ma appena fuori casa - degli evasori fiscali (che però nel romanzo non ci sono!);
3) qualche allusione alla classicità, che all’occorrenza può funzionare da specchietto per le allodole anche per intellettuali e presunti tali. Tipo "Uno e Nessuno" (il richiamo a Pirandello e all’Ulisse-Nessuno di Omero), così si definisce un assassino-vocefuoricampo che preannuncia - al telefono e in diretta alla radio - la sua intenzione di uccidere, concludendo la telefonata con un brano musicale che è un indizio per arrivare alla vittima;
4) il perturbante del doppio-gemello, che sta al thriller come le spezie o il peperoncino stanno a un piatto afrodisiaco; il perturbante che ha un asse formidabile in Poe-Freud-King;
5) gli stilemi tipici dei romanzieri americani di oggi giorno;
6) dulcis in fundo, un autore già famoso per altre abilità, perché è stato comico, cantante e cantautore, oltre che avvocato almeno sulle carte accademiche. Nella fattispecie: Faletti. Versatile, niente da dire. Sarà per l’ispirazione che trae, quando scrive, dai paesaggi dell’isola d’Elba.
La ricetta che sto declinando è quella del romanzo di successo, decretato dal pubblico: “vox populi, vox dei”, dice il detto. E io mi accodo, a questa saggezza popolare. Mi sono divertito, leggendo Faletti. Divertito, nulla più: ma non è poca cosa. Certo, a un libro possiamo chiedere anche altro; però insisto: divertirsi è già qualcosa.
La storia combina azione adrenalinica a psicologia prêt à porter, consumo spicciolo di sesso agli aspetti più macabri della vita, omicidi orrendi a incendi devastanti. Si parte con il ritrovamento dei cadaveri di Jochen Welder (manco a dirlo campione di Formula 1) e della sua compagna Arijane Parker (sempre manco a dirlo campionessa di scacchi di fama mondiale). Entrambi hanno il volto orrendamente mutilato (tipo “Il doppio segreto” di Magritte, non so se avete presente; in caso negativo vi consiglio di documentarvi digitando nella stringa di Google “Il doppio segreto Magritte”, il gioco può valere la candela!) e nella scena del delitto campeggia la scritta del titolo: "Io uccido". Poi la fila delle vittime si allunga con Allen Yoshida, un nippo-americano che ha la passione tanto morbosa quanto deprecabile per gli snuff-movie, con il playboy Roby Striker e con il ballerino russo Gregor Yatzimin …
Credibile o meno – io non reputo che la credibilità sia essenziale, ritengo piuttosto che renda un romanzo esteticamente migliore – “Io uccido” rimane lì, con i suoi milioni di copie vendute: un trionfo planetario che incarna la formula del romanzo di successo. Che sia anche un monito culturale per il XXI secolo?
Bruno Elpis
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bravoooo!!!!!
Pia
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