Dettagli Recensione
L'umanizzazione dell'omicida
L’umanizzazione dell’omicida seriale. Parto dalla fine per poter mettere in risalto l’aspetto che più mi è piaciuto di questo giallo. Non vi voglio raccontare l’epilogo del killer solitario, ma il suo vissuto, le sue pene, le sue angosce ma soprattutto i suoi dolori. Un uomo come tanti, ferito e segnato nell’adolescenza. Due episodi incresciosi e dolorosi che lo segneranno per sempre come un marchio distintivo ma che nessuno può vedere o ravvisare. Lui si camuffa, cerca di affrontare la vita in maniera normale, la vuole vivere nel migliore dei modi possibili, cerca aiuto, cerca di liberarsi del mostro che giorno dopo giorno lo divora e rapisce l’essenza di sé. Questo mostro si chiama depressione, si chiama bipolarismo, si chiama schizofrenia. Difficile uscirne e se questo avviene, ci si ritrova malconci e segnati. Un alcolista rimane un alcolista per sempre anche se non beve più e non tocca l’alcool da decenni, allo stesso modo sono tutte le malattie depressive che innescano una coazione a ripetere, diventano dipendenza. Lui sa di essere nel vortice che non lo abbandonerà più. È la malattia del secolo, solo le mani di esperti possono salvare con una buona dose di fortuna. Il protagonista di questo giallo è un omicida seriale, descritto da Bruno Elpis con acume, ponendo l’accento lì dove altri non avevano fatto. Uno studio psicologico tagliente e doloroso che ci fa interrogare da quale parte dobbiamo stare, per coscienza dalla parte delle vittime e per umanità dalla parte dell’omicida. Tante donne uccise in maniera efferata e senza alcun nesso logico fra di loro. Nessuna traccia, nessun elemento su cui indagare, questo è quello che fa impazzire il commissario Giordàn , uomo sagace e riflessivo, con vivida intelligenza indaga, studia e cerca di mettere insieme i pezzi di un puzzle che sembra non aver limiti. Si ama accompagnare alle melodie di Chopin e rilassarsi con la pesca sulle rive del lago di Como. Una nipote saccente ma arguta e frizzante, che riuscirà ad illuminare il commissario, con piccole frasi e battute. Il nostro scrittore sviscera il male della società affiancando descrizioni bucoliche sorprendenti e rilassanti – a tratti mi hanno fatto assaporare il mio amato Pascoli -. Come si conciliano le due cose? Si conciliano con la realizzazione del Carnevale dei delitti. Le maschere sono l’elemento con cui, l’omicida, vuole farsi notare e le fiabe sono il suo vissuto, il sogno di voler essere ritornare bambini, sempre coccolati e protetti. Ma quel tempo non può e non deve tornare perché se lo ricerchiamo e lo desideriamo così ardentemente vuol dire che qualcosa di incompiuto è dentro di noi, un qualcosa che non ci fa progredire, crescere e maturare, un percorso della nostra vita fatti di ostacoli , che non abbiamo superato, un percorso non pulito. Così si porge la mano a far sviluppare una doppia personalità, in continua evoluzione e in continua lotta fra di loro, un Dottor Jekyll e Mister Hyde.
Tutto ciò è questo giallo, insolito e ben articolato, è stato un piacere leggerlo per le sue riflessioni a cui mi ha condotto, con un po’ di amaro in bocca , pensando a noi esseri umani e alla nostra società , ma soprattutto al nostro eccessivo giudizio senza appello. Siamo così, vero? Grazie Bruno Elpis!!!!Aspettiamo il seguito…
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Commenti
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Rinnovo la meraviglia nel constatare come ciascuno abbia colto e valorizzato aspetti diversi, più di quanto il mio romanzo probabilmente merita.
Grazie Sharma! :)
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