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Equitalia, mostro mitologico del 2000
L’ispettore Ferraro, separato dalla moglie Francesca, è in vacanza a Ostia con la figlia adolescente, Giulia.
Mentre nuotano nel mare dei lidi ostiensi s’imbattono in una barca abbandonata. Salgono a bordo e scorgono il messaggio di un suicida, che nel momento estremo ha fatto proprie le frasi di Pavese: “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono”. E sotto: “Non fate troppi pettegolezzi”.
Ferraro rientra con la figlia a Milano: i colleghi di Roma lo avvisano che il mare ha restituito il corpo del suicida. Si tratta di Giovanni Tolusso, sceneggiatore ed ex geometra. Personalità creativa e colta, ma al tempo stesso scrupoloso e onesto, segnato dal passato: “ossessionato dai dettami morali del padre, duri e senza sconti, cresciuto nel cuore dell’etica protestante …”
I colleghi di Roma chiedono a Ferraro di informare del suicidio la ex moglie di Tolusso (“In fondo è stato un incontro di solitudini il nostro”): l’ipovedente Barbara, che dunque non può occuparsi del riconoscimento del cadavere. A favore della donna, una strana assicurazione garantisce l’estinzione del mutuo in caso di morte di Giovanni, anche per suicidio. A questo punto l’atto di Giovanni si carica di un significato altruistico: “Morire per regalare una vita dignitosa all’unica persona al mondo che aveva creduto in te … Non era anche questo un modo estremo di lasciarsi per amore?”
Sullo sfondo della vicenda, un losco figuro in Sudamerica sta cambiando la propria identità (“Qualcuno che ti rimetta a nuovo lo trovi di certo … Basta pagare. Tanto.”), proprio come Adriano Meis di Pirandello!
Non si tratta di un giallo classico perché manca l’indagine vera e propria e il lettore si trova al centro di tre linee narrative convergenti e accerchianti: le notizie che giungono da Roma, il resoconto della vacanza di Ferraro con la figlia (i due partecipano al funerale di Tolusso) e, infine, i fatti antecedenti la disgrazia, narrati da Giovanni (“Voleva solo sapere cosa la sorte avesse riservato per lui oggi, come una pesca crudele dove non si vince nulla, come una riffa che estrae il numero del condannato, per la gioia di chissà quale occulto potere, misterioso e malvagio”).
La causa del suicidio è “Una busta bianca, in formato A5, gonfia di carta. Equitalia, c’era scritto sul lato del mittente”. Un’intimazione a pagare la bellezza di euro 32.415,27! Uno sproposito per un uomo oberato da due mutui e che non viene pagato da cinque mesi (“Perché oggi in Italia nessuno paga nessuno, l’hai capito o no? Nessuno!”).
Il merito di Biondillo sta nell’inventare una storia plausibile, innestandola sullo scenario quanto mai realistico della crisi (“Il giocattolo di un’intera società sembrava si fosse rotto”).
Il valore aggiunto dell'autore si concretizza nell’imprimere alla storia un impulso in parte kafkiano (“Non facciamo che continuare a disseminare tracce, per quanto si cerchi di negarlo. Come nella favola, come Pollicino. Forse vogliamo essere trovati”), in parte ispirato a “Il fu Mattia Pascal” di Pirandello (“E’ come scrivere una sceneggiatura, in fondo, no? Quante ne hai lette di storie così?”).
Bruno Elpis
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