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VECCHIE CARTOLINE
Farfalla nera vive in un villaggio dell’Africa, viene violentata dai guerriglieri e ingannata dall’amato si vendica in modo atroce. Si tratta però della protagonista di uno dei tanti racconti che il commissario Berté scrive al computer nei ritagli di tempo del suo lavoro di poliziotto. Una donna, una delle tante, che inquietano con la loro presenza conturbante o la loro assenza allarmante la mente del protagonista del romanzo di Emilio Martini, pseudonimo di un vero funzionario di Polizia: c’è l’amata Marzia, felicemente coniugata, c’è la professoressa Groppini, la preside assassinata, la collega attraente e ci sono le fugaci e sensuali apparizione di un istante, la cameriera slava, la liceale dal sorriso radioso, le figlie abbronzate della vittima, l’editrice senza peli sulla lingua. All’universo femminile si contrappone quello maschile, fatto di sfruttatori di mogli ricche, potenziali assassini, seduttori di minorenni, padri indifferenti o mariti lontani o fedifraghi. Alla più o meno rigida divisione in sessi si intreccia quella in classi sociali, altrettanto classicamente invalicabile in un paese della provincia ligure somigliante a “una vecchia cartolina sbiadita dal tempo”: la vittima dirigeva un prestigioso liceo privato ed è fra le ipocrisie dei ricchi che devono indirizzarsi le ricerche del detective che si porta con sé le sue debolezze ed idiosincrasie. Ed è soprattutto su queste ultime che si focalizza la scarna pagina di Martini ed è proprio la visione schematica del protagonista a essere confortata dalla scoperta dell’assassino. Le vecchie cartoline sono sbiadiate ma di esse continuiamo a riempire i nostri album
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