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"La colpa" di Lorenza Ghinelli - Il commento di Br
Romanzo finalista al premio Strega 2012, narra le vicende – tre, che si intersecano - di “cuccioli” d’uomo alle prese con il senso di colpa.
Estefan e Martino sono amici ed entrambi nascondono, con comportamenti ‘duri’ soltanto nell’apparenza, storie infantili di sofferenza e solitudine. Storie che hanno colonne sonore rock: i Clash, che scatenano in Martino inspiegabili reazioni violente; il “Duca Bianco” che con i suoi “Heroes” musica le galoppate mentali di Estefan.
La colpa di Estefan si manifesta negli incubi (“un bucovoragine che spaventa, stravolge e rovescia il reale in fenditure di orrore che cola, colora e rassicura”): il ragazzo ha visioni, è perseguitato dalle immagini (i “cani neri”) e cade continuamente nella trappola del “gioco dei se”. “Opporsi è impossibile, come risalire senza forze una corrente violenta. Cerca di ancorarsi al reale … introflesso nel Gioco del Se, il più brutto lercio gioco in cui poteva cadere.” E si attacca alle frasi: “Non sono poesie. Mi servono solo a non precipitare nei buchi.”
“Tanto a Estefan non gli importa di niente, si scortica con le frequenze distorte del reale mentre cerca di sorridere, di essere quello di sempre, di non destare sospetto. Saprebbe rispondere a zero domande.”
La colpa di Martino: “Per la prima volta Martino pensa che sua madre è stupida, che suo zio è cattivo e che lui è sbagliato. Tre pensieri bomba.”
Il nemico di entrambi? È l’Angoscia con la A maiuscola: “ora quello di cui ha bisogno è un piano ben congegnato per aggirare l’Angoscia.”
La terza protagonista è una bambina, Greta: sua madre è morta nel partorirla (“Greta è nata presto. Greta è nata male. Greta è nata sola”).
La terapia – sembra dirci l’autrice – consiste nel comunicare, non necessariamente a livello verbale. Terapeutico è un incontro (“nella stalla se ne sta tutto fiero col fieno in bocca, e rumina proprio in faccia a Perla”), il contatto con la natura (“E s’incamminano, due figure spettinate e vulnerabili nella notte, due folletti dissennati, e bellissimi”), il rapporto carnale con gli animali: tra i cattivi odori, nello sporco e nel fango. Terapeutica è una parola: “fatalità” (“Vuol dire che una cosa succede e basta, e non ci puoi far niente … Ti dispiace da morire che sia successa e avresti fatto qualunque cosa perché non succedesse”).
Lorenza Ghinelli ha scritto un romanzo destinato a rimanere nell’intimità di chi lo legge. Una storia che ti prende dall’interno, ti fa soffrire insieme ai giovani interpreti del dolore umano, ti fa sentire “in colpa” come adulto e, se lo sei, come genitore. Un romanzo ‘forte’, con alcuni passaggi ai limiti della sostenibilità umana. Per lo meno, quella di …
… Bruno Elpis