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Una lama di luce
 
Una lama di luce 2012-06-11 17:32:54 Arcangela Cammalleri
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Arcangela Cammalleri Opinione inserita da Arcangela Cammalleri    11 Giugno, 2012
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Una lama di luce di Andrea Camilleri

Il 19° libro su Montalbano ricalca tutti gli altri romanzi imperniati sulle inchieste del commissario letterario più amato dagli Italiani. L’incipit che preannuncia una mattinata volubile e crapicciosa epperciò per contagio, macari il comportamento di Salvo sarebbe stato instabili. L’artificio onirico come presago di fatti imminenti che confondono il lettore e il protagonista stesso tra realtà e sogno. L’intrecciarsi di due storie parallele che poi si biforcano in due tronconi e alla fine si riuniscono come naturale epilogo della vicenda. In realtà la combinazione ha tre diramazioni: un commercio illegale di quadri, esportazione di opere d’arte rubate, un traffico d’armi di tre tunisini che rifugiati politici preparano un piano d’attacco nella loro patria dove è in corso la lotta di liberazione e una rapina con bacio rubato quanto mai singolare e misteriosa con conseguente morto ammazzato, direbbe Catarella. Venire a capo dell’intricata vicenda diventa un punto d’onore per Montalbano, colpi di genio, intuizioni, piste più o meno ortodosse contrassegnano la tattica investigativa. La conclusione delle indagini rimette tutto secondo un ordine prestabilito, ma un’amara e sofferente sorpresa si presenta a Salvo: la lama di luci che l’aviva pigliato nell’occhi…e prifiriva che l’urtimo contatto ristassi quella lama di luci che per una frazioni di secunno l’aviva ligati ‘nzemmula. E questo uno dei tanti momenti del romanzo in cui l’animo di Montalbano è sviscerato da Camilleri e le pieghe del dolore e del rimpianto scavano rivoli di lacrime segrete. Secondo un copione ben costruito il nostro autore sa miscelare toni umoristici, (grande Catarella quando storpia nomi, parole e suscita l’ilarità di chi legge) e toni anche melodrammatici, quando quel senso greve della solitudine assuglia il commissario, spesso, questo stato d’animo inquieto e pernicioso aleggia intorno alla sua persona e investe anche quelli che gli stanno attorno. Montalbano non è solo indagini poliziesche, anzi quelle si muovono con calma, senza ritmi di action movie, è anche e soprattutto riflessioni esistenziali, come quelle che rivolge al granchio di mare che lo aspetta al molo nei suoi quotidiani soliloqui, come quel male di vivere che crea tensione ed adesione al personaggio montalbaniano, c’è un senso riflesso del male del mondo che non si traduce in nichilismo, ma muove verso un umanismo pietoso o verso una giustizia umanitaria, mai vendicativa. Le figure femminili illuminano la scena come altrettante lame di luce: la sofisticata e pur carnale gallerista Marian, che offusca i sensi di Salvo, salvo poi alla fine respingerne gli assalti erotici: Livia è sempre al bivio che da sola voce telefonica, epperò impera nella mente di Montalbano e forse sradicarsi da lei è vana follia. (Noi sadicamente ci avevamo sperato, ma Camilleri questo sazio non ce lo concede). In questo frangente Livia è in preda ad un’angoscia opprimente, oscura, un peso insopportabile la cui causa lo avvincerà e lo terrà legato a lei. Loredana bellezza fresca e turbativa, Valeria gran fimmina, dotata di sangue freddo eccezionale, femme fatal che, come un pesce nella rete, cade nella trappola tesale dal commissario. Il linguaggio simbolico e cifrato con cui la mafia comunica e con cui Montalbano ricambia sono tutti segni del barcamenarsi entro strettoie convenzionali e codificate che rispecchiano equilibri malcelati e di cui spesso ci si serve, vedi Pasquale, il pregiudicato figlio di Adelina, per scopi necessari. Il fine giustifica i mezzi, qualche volta con una certa disinvoltura Montalbano bypassa le rette direzionali della giustizia perché le vie della verità non sono mai unilaterali. Il Montalbano di Una lama di luce è goffo, impacciato in campo sentimentale, stenta a discernere l’attrazione dal sentimento amoroso, con le donne, tutto il contrario di Mimì, non ha tattiche né strategie, a volte, è disarmante e disarmato e si lascia cogliere alla sprovvista; nei sentimenti è fragile e quasi spaventato. Quanto invece il suo civireddro funziona nel mettere in campo fini stratagemmi e nel concatenare i fatti che si presentano!
In questo libro, c’è tutto il Montalbano che ci piace con le sue ubbie, le sue contraddizioni, gli inafferrabili umori così neri e protervi. Un misantropo dal cuore d’oro, un personaggio di carta, certo, ma così ormai familiare da sentirlo vivere tra le pagine. Incommensurabile Camilleri, con quale padronanza linguistica e misurata ironia il suo estro narrativo ci convince e ci avvince.

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Arcangela, non me ne voglia... ma come sono prolisse le sue recensioni. Mi sanno di tutto tranne che di lettura spontanea.
In particolare, poi, Camilleri è una colonna portante della letteratura italiana, lo conoscono pure le pietre: ma che c'è veramente bisogno di riportare ogni volta tutta la sua bibliografia?

Buona giornata e buone letture! E W il grande Camilleri e tutti i suoi personaggi! :)
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