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Eccitazione perversa
Dopo essere stata per alcuni mesi lontana da gialli e thriller, ho deciso di affrontare una serie di letture che indagano sull’aura di fascino e attrazione, per quanto discutibili possano essere, che i killer seriali creano attorno a sé. Sono partita da un autore italiano che non conoscevo, Massimo Lugli, e questa è la mia recensione de Il carezzevole.
Marco Corvino è un giovane praticante giornalista di cronaca nera: uno studente universitario a tratti impacciato, a tratti cinico e assetato della vita emozionante che sembra offrirgli la Redazione. Perennemente in ritardo e perso nelle sue divagazioni mentali, Marco fatica ad abituarsi ai ritmi frenetici dettati dai colleghi, ma si distingue immediatamente per il suo talento nello scrivere. Diventa così oggetto delle attenzioni di un serial killer che si fa chiamare Il Carezzevole che vede il lui il mezzo per rendere pubblico il suo sadico operato. Il Carezzevole scorge in Marco il seme del male, un potenziale che potrà sfruttare e manipolare a suo piacimento, così come sfrutta e manipola le sue vittime. Inizia quindi un gioco psicologico di tortura e piacere con Marco, proprio come quella tortura e piacere (a suo dire) fisici che procura alle sue vittime. In particolare ritengo la spettacolarizzazione dei riti praticati dal carnefice alle vittime un tantino esagerata, ma tutto sommato efficace per rendere il tipo di rapporto che l’assassino instaura con Marco: il narratore parla a noi lettori e il Carezzevole racconta a Marco le stesse cose… cosa proveremo? Repulsione o attrazione? Cosa proverà Marco? Seduzione? Paura?
Al di là dei sottili parallelismi, i contenuti del romanzo sono abbastanza poveri e lo stile crea una narrazione a singhiozzo: la vita di Marco ci scorre davanti agli occhi spezzettata e dominata dal “caso del giorno” di cui si occupa, mente quella del Carezzevole sembra non avere un corso così frenetico: il tempo è dilatato e il narratore indugia sulla metodicità dei suoi gesti come se volesse creare un effetto di anacronismo. Questi espedienti possono risultare gradevoli per il primo centinaio di pagine, ma credo sia nel pieno diritto di ogni lettore pretendere qualcosina in più per il seguito. Ma questo quid stimolante non sembra mai arrivare e si giunge alla fine con l’impressione che sia successo tutto troppo in fretta (come suggerivano altri recensori che mi hanno preceduta). Attenzione: non è successo tutto in fretta!! manca letteralmente la narrazione di una parte!! E mi riferisco alla trasformazione del gioco psicologico in ossessione. Ci si aspetta che il Carezzevole arrivi a diventare il terrificante pensiero dominante di Marco e non un mero corollario della sua vita da giornalista. Non che questo passaggio a cui mi sto riferendo non sia presente, solo è che l’autore non si sofferma su di esso, lo dà per scontato e qui credo abbia commesso un errore, errore che conduce il lettore a provare quella sensazione di straniamento relativa allo scorrere degli eventi.
Tutto sommato non è un cattivo romanzo, sebbene io lo ritenga un romanzo di “preliminari”: si alimenta la sete del lettore senza placarla in un modo che possa essere ritenuto soddisfacente.
Ne consiglio in ogni caso la lettura: mi piacerebbe leggere altre opinioni a riguardo.
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Commenti
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anzitutto ben tornata :-))))
un rientro alla grande !!!
splendida recensione.....
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