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La donna che visse due volte
Alla riunione sono in cinque, Olindo, il capitano, Dria, ragazzone di poche parole, il Lanza, cha ha lasciato la carriera in marina dopo l’8 settembre, Calcagno, il giovane intellettuale (“è indietro con gli esami, ma ha letto quasi tutti i testi di Marx e Lenin”), e Biscia, magro e biondissimo, non smette di fumare. Aspettano Tilde, la giovane staffetta partigiana, che qualche giorno prima si è insinuata in una festa, ha fatto ballare e bere il capitano Helmut Hessen, ufficiale della Wehrmacht. Così lui le ha rivelato il nome della spia, che con le sue soffiate potrebbe fa spazzare via le brigate della Resistenza genovese, che sta agendo in piccoli gruppi, tra le bombe degli alleati e le rappresaglie fasciste. Adesso è il momento di decidere cosa fare.
Nicla, per Kurt Hessen, distinto signore tedesco, è la madre italiana, che lo ha partorito in Germania e subito dopo la guerra lo ha lasciato agli zii. E’ tornata in Italia, sposandosi con un ex partigiano, con il quale ha avuto un altro figlio. Quello che il signor Hessen sta proponendo all’investigatore privato, Bacci Pagano, è proprio un lavoretto facile facile, gli è rimasto poco tempo da vivere e vuole trovare il fratellastro, che non ha mai conosciuto, per lasciargli una cospicua eredità.
A Bacci Pagano i tremila euro di acconto (più quarantamila a saldo) sono proprio comodi, come comoda sembra l’opportunità di distogliere la mente dal pensiero di Jasmine, la donna che giace su di un letto di ospedale in bilico tra la vita e la morte, dopo essere stata torturata da una banda criminale.
Del resto si tratta di un tuffo nelle acque del passato, di insinuarsi tra le pieghe dei propri ricordi, e di quelli degli anziani partigiani ancora vivi, che lo conoscono da piccolo, perché hanno fatto la Resistenza come il nonno Baciccia e suoi genitori, che hanno lavorato tutta una vita come operai.
L'inchiesta sembra però molto più difficile del previsto, Olindo, Gino, il Lanza, gli anziani partigiani che Bacci sta incontrando, non conoscono Nicla, sembrano non ricordare.
Ma il passato è infido, ed emergerà come acido solforico bruciando la pelle della verità.
Rossoamaro, un po’ Scerbanenco, un po’ Carofiglio, è un ottimo Noir, denso e cupo, rischiarato da un colpo di scena finale, che lascia spazio a riflessioni sul nostro passato, sulla forza degli ideali, contrapposti alla assurda inutilità della guerra.
“Il fatto è che non abbiamo imparato la sola lezione che la storia impartisce ai popoli per umanizzarli, quella di riconoscere le sconfitte”