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Troppo “americano”
Il team di investigatori guidato dal criminologo Goran Gavila deve indagare su un caso a dir poco inquietante: cinque ragazzine sono scomparse negli ultimi venticinque giorni e di loro non si ha nessuna notizia finché in un bosco vengono rinvenute delle braccia umane, tutte sinistre, palesemente riconducibili alle stesse bambine. La macabra scoperta aggiunge un mistero in più: gli arti infatti sono sei e finora non è stata sporta nessuna ulteriore denuncia di scomparsa. Ma allora a chi appartiene il sesto braccio? Perché tutta questa violenza su degli esseri così indifesi ed innocenti? Ad aiutare la Squadra Speciale viene chiamata Mila Vasquez, agente esperta nel ritrovare persone scomparse ma alla sua prima esperienza con un serial killer. Il suo inserimento non sarà esente da problemi ma si rivelerà decisivo nello sviluppo dell’ indagine. Nonostante la troppa violenza il libro parte bene ma sembra perdersi un po’ strada facendo, pagando un’ eccesiva voglia del suo autore di stupire continuamente il lettore con un abuso di colpi di scena che, se da un lato danno vivacità alla storia, dall’ altro spezzettano e rendono confusa la trama. Donato Carrisi usa uno stile un po’ stereotipato, con una prosa abbastanza elementare e dei personaggi poco originali anche se ben delineati, dimostrando di andare troppo dietro al prototipo trito e ritrito dei thriller commerciali d’ oltreoceano che, con tutto il rispetto, saranno anche avvincenti e venderanno pure un sacco di copie, ma con la letteratura hanno poco da spartire. Un libro fin troppo “americano” consigliato solo agli amanti del genere o a chi vuole rilassarsi con una lettura leggera e scorrevole, senza troppe pretese.
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Commenti
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Ottima recensione Enrico. Come sempre per altro.
hai già bevuto troppo! dammi le chiavi della macchina ti chiamo un taxi!
:P
Piero&Magical...mi sembrate i cugini Duke!
Questa è la mia modesta opinione ovviamente-
:P
Ciao Federico, fai pure tutte le osservazioni che vuoi, ognuno ha il diritto a dire la sua. Così come ognuno ha i suoi gusti, e quando si da un giudizio ad un libro (o a qualsiasi altra cosa) lo si fa in base a questi…ciò che a me non piace può piacere invece ad altri e viceversa. Detto questo sono disponibilissimo a spiegarti il perché della mia opinione precisando per prima cosa che non ho nessun pregiudizio nei confronti dell’America. Ammetto che la sua politica estera non mi aggrada tantissimo, ma non vedo cosa possa centrare ciò con la letteratura. Su questo sito ho recensito autori americani come Haley, Kerouac, Buck, Hosseini, McCarthy, Roth dando in tutti i casi giudizi positivi, amo Hemingway e ho gradito molto anche Fitzgerald. Quel “troppo americano” era riferito non all’americanità in genere, ma allo stereotipo di thriller a cui Carrisi, nonostante i cognomi nordeuropei, si ispira in modo abbastanza palese. Tu dirai: e dov’è il problema? Il “mio” problema è che questo è un genere trito e ritrito, le trame sembrano tutte uguali, il solito serial-killer, i soliti investigatori, la solita pista sbagliata, la solita storia d’amore…letto uno letti tutti. Perché dico che non hanno a che fare con la letteratura? Beh ovviamente non esiste una definizione di letteratura universalmente riconosciuta ma a me piace intenderla come un’arte, come qualcosa fatta con una certa qualità e che esprime qualcosa. Questi libri sono invece, a parte rare eccezioni, scritti con un linguaggio fin troppo elementare e al di la della discutibile suspance che possono creare hanno contenuti a dir poco frivoli e dentro lasciano poco o niente. Se Carrisi voleva aprire la porta a questa roba qua per quanto mi riguarda poteva farsi gli affari suoi…in Italia a mio parere abbiamo di meglio. Non vedo controsensi nell’affermare contemporaneamente che ci sono troppi colpi di scena e che la lettura è scorrevole e leggera, perchè la scorrevolezza è data dalla semplicità (troppa) della prosa e la leggerezza dalla frivolezza dei contenuti e non capisco come i colpi di scena possano influire sotto questi aspetti. Sul finale del tuo commento posso solo dirti che non sono un critico letterario, non mi sento tale e non voglio ne esserlo ne diventarlo…mi piace leggere e condividere le mie opinioni con quelle degli altri e, come in questo caso esporre le mie ragioni e sentire quelle di chi non è d’accordo con me…e comunque non ritengo ciò che scrivo verità assoluta ma un semplice giudizio personale. Spero di essere stato esauriente, altrimenti sono disponibilissimo a qualsiasi altro chiarimento.
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Come mai "libro troppo americano" = pecca? Tra l'altro alcuni cognomi nel libro suggeriscono un origine nord- Europea, inoltre non capisco davvero dove sia il problema, affermi che i "thriller" d'oltreoceano abbiano poco a che fare con la letteratura, mentre quelli Italiani si? Se non altro ritengo che Carrisi abbia aperto la porta ad un genere che per gli autori italiani era inarrivabile. Ti lamenti inoltre dei colpi di scena che infittiscono eccessivamente la trama, ma in seguito affermi che la lettura è molto scorrevole e leggera , quì ci vedrei una contraddizione non trovi?
Mi permetto inoltre di affermare questo: Ho notato che l'immagine che porti è quella della bandiera della pace(Simbolo antitetico nella visione collettiva delle politiche attuate da alcuni paesi come l'America), potrebbe mai esser dovuta a ciò la tua visione negativa del contesto Americano letteratura inclusa?
Ritengo che le abilità di un critico letterario stiano nel giudicare un opera letteraria a prescindere dal contesto storico/sociale/culturale in cui ci si trova ed essere il maggiormente obiettivi possibile-