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Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu
Il più bel romanzo di Carlotto? Probabilmente la sua vita. Militante di Lotta Continua, poi vittima di un incredibile caso giudiziario (basta cercare “il caso Carlotto” su Internet), poi latitante in Sudamerica, poi l’arresto da parte dalla polizia messicana, quindi otto anni di carcere in Italia, infine, nel 1993, la grazia ricevuta dal Presidente Scalfaro.
Giorgio Pellegrini, invece, è il protagonista di Arrivederci amore, ciao. Passato da terrorista, coinvolto in un omicidio di un metronotte e fuggito all’estero, decide di rientrare in Italia e di ripercorrere in senso inverso la scala sociale, puntando con ogni mezzo e senza esclusione di colpi alla ricostruzione di una posizione nella società che conta. Del resto Giorgio Pellegrini, giovane e dal fascino irresistibile, sa fare bene una cosa sola: uccidere.
Scritto con stile rapido e incalzante, la storia scorre veloce quasi come una raccolta di articoli della “nera”, descrivendo la rapida ascesa del protagonista, da guerrigliero nel Centro America a proprietario di La Nena, raffinato ed esclusivo ristorante in una non precisata e opulenta città del Nord Est.
In mezzo un’incredibile serie di losers: terroristi dissociati, poliziotti corrotti, mafiosi pugliesi, albanesi, kosovari, anarchici spagnoli, cecchini croati, avvocati senza scrupoli e ovviamente pronti ad entrare nella politica che vince. Inutile provare a schierarsi con qualcuno e tentarne l’assoluzione, tutti hanno bisogno di tutti.
E poi tante donne (Flora, Francisca, Luana, Roberta) che scandiscono come un metronomo impazzito la vita del protagonista, marchiando a fuoco con i loro nomi i capitoli del libro ed inviando al loro apparire nuovi e macabri presagi di sventura.
Arrivederci amore, ciao. Noir bello, crudo, essenziale.
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