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La moneta di Akragas
 
La moneta di Akragas 2011-02-03 18:02:40 Arcangela Cammalleri
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Arcangela Cammalleri Opinione inserita da Arcangela Cammalleri    03 Febbraio, 2011
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La moneta di Akragas di Andrea Camilleri

Come è aduso Camilleri, nella nota finale del libro, illustra al lettore l’origine dell’idea ispiratrice. La storia prende spunto o da un fatto di cronaca o da una leggenda famigliare. Un antenato della famiglia Camilleri, medico e numismatico, incontrò un giorno un contadino che gli mostrò una moneta d’oro antica, per regalargliela. Il medico la riconobbe come la favolosa piccola Akragas. Nell’atto di prenderla, cadde da cavallo spezzandosi una gamba. Pare che poi il medico regalò la moneta al re Vittorio Emanuele III e in cambio ricevette l’onorificenza di Grande Ufficiale. Il resto è inventiva e fantasia dello scrittore.
Quest’ultimo romanzo di Camilleri è storico, prende le mosse dal 406 A.C.: durante l’assedio di Akragas (l’antico nome greco di Agrigento) e la sua distruzione ad opera dei Cartaginesi. Un superstite akragantino Kalebas, giovane mercenario, dopo tre giorni dalla battaglia è morso da una vipera. Il sacchetto con le monete d’oro, la paga di un lungo periodo di lavoro, fa in tempo a lanciarlo lontano prima di morire e precipitare nello sperone.
Nel 1908, con un salto temporale lungo secoli, a Messina, tra le macerie del terremoto, un’altra moneta risalente all’epoca cartaginese viene rinvenuta e destinata allo zar di Russia. Nel 1909 a Vigata, Cosimo, un contadino, trova casualmente una preziosissima e rara moneta d’oro, ma non fa in tempo a regalarla al medico condotto Stefano Giubilaro, grande esperto di numismatica e collezionista d’eccezione, per uno scarto della sorte. Tra Messina distrutta dal terremoto e Vigata, la storia si sviluppa, si tinge di rosso, attinge al consueto sconcerto e concerto di personaggi metastorici che agiscono mossi dalla penna esperta di Camilleri. Questa opera gioca tutta sui dualismi, in primis sulla lingua-dialetto che si attaglia ai personaggi e ne rispecchia vizi e pregi: Camilleri usa gli stilemi linguistici come abiti confezionati per modellarli ai loro caratteri e alle loro peculiarità. Sulla Storia antica-moderna, su accenti ironici-tragici che connotano le vicende narrate. La sorte chiamata in causa come l’artefice degli eventi viene a cozzare con la logica e la razionalità scientifiche, il ruolo del destino è fautore della vita umana? La storia contemporanea non è altri che la proiezione del passato e si ripete in senso vichiano? E la Storia passata metafora del presente?
Quello che sorprende in Camilleri è la struttura narrativa, in superficie, semplice, corrispondente ad uno schema logico collaudato, in cui la complessità del pensiero è governata da uno regolato piano semiologico; é questa la stimmate dell’artista che si ri-vela e non fa trasparire quanto la materia sia stata resa duttile e consenziente?
Camilleri gattopardeggia, interscambia ciclicamente i generi, dal noir, allo storico, al saggio, rimescolando gli ingredienti tipici della sua arte in una sorta di gioco delle carte che alla fine dà il risultato voluto. Ogni volta cambia tutto per non cambiare niente, ma forse in questo sta il fascino e la devozione dei suoi lettori: addentrarsi in una materia familiare, conosciuta, è come ritrovarsi con un amico a cui si è tanto affezionati.
Il romanzo al centro è corredato da dipinti raffiguranti Agrigento antica e fotografie di scene del terremoto di Messina.

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