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L'intermittenza di Andrea Camilleri
L’intermittenza, l’ultimo libro di Camilleri non può non richiamare alla memoria: "Un sabato con gli amici", stesso stile secco ed essenziale quasi a cogliere e collocare i personaggi (il lettore riesce, questa volta, a districarsi tra i vari nomi dei personaggi e loro relativi ruoli e legami grazie all’elenco presente all’inizio del libro) all’interno delle proprie crepe morali.
Siamo dentro il mondo degli affari sporchi, dell’imprenditoria spietata e predatrice, della politica cialtrona e opportunista. Senza soluzione di continuità s’intersecano i rami dei vari settori alla cui base ci sono profitto, convenienza e malaffare, ma Camilleri idealmente vuole spezzare questo fil rouge di vasi comunicanti inventandosi: L’intermittenza. “Silenzio totale, assoluto, come se intorno gli fosse sorta una bolla d’aria insonorizzata, inglobandolo. I muscoli paralizzati, non obbediscono agli impulsi inviati dal cervello. Poi, senza preavviso, si sblocca. Il contatto con il mondo viene ristabilito. Per una frazione di secondi i rumori hanno un così forte innalzamento di volume che gli rintronano dentro la testa, lo stordiscono”.
Una corrente che si alterna o un black-out momentaneo interrompono ambizioni ed illusorie vanaglorie di chi mercifica tutto quello che tratta.
Siamo in una metropoli del nord (Camilleri istantaneamente assume un registro linguistico formale e composto), al centro il patriarca-presidente di una grande industria, la Manuelli il cui figlio, Beppo, una nullità totale, ricopre indegnamente la carica di vice Direttore generale; il Direttore del Personale, Guido Marsili è un rullo compressore, senza ripensamenti, senza scrupoli, freddo e implacabile, ma con una segreta passione per la poesia e il Direttore generale Mauro De Blasi, manager importante che tiene tutto sotto controllo, eppure…avvisaglie di défaillance lo frastornano e lo lasciano inerme: “Fu allora che ebbe lacerante certezza della prossimità della sua morte”. La crisi nazionale aleggia sul Paese e la Manuelli fagocita l’azienda Artenia di Birolli sull’orlo del fallimento. Mauro De Blasi porta avanti trattative segrete, offrendo una certa cifra per il pacchetto azionario dell’azienda soccombente: trarre utili in diminuizione delle tasse. Personaggi maschili tagliati con l’accetta, di sordido profilo, sempre pronti a captare l’affare losco, ma mantenendo esteriore liceità e a trattenere il potere senza cedimenti. Tagli del personale, cassa integrazione galoppante e trattative con il politico di turno tracciano un quadro economico e finanziario molto simile alla realtà odierna. Le figure femminili assumono connotati propri dell’ambiente in cui vivono, Marisa, la bella moglie di De Blasi, ricca ed annoiata incline ai tradimenti; Anna, la segretaria di Mauro, la sua vita pubblica sicura e motivata contrasta con la privacy deserta e vuota, facile agli abbagli amorosi; la bella nipote di Birolli, Licia, consulente del capo di un grande gruppo industriale, Luigi Ravazzi, si occupa di economia con grande disinvoltura. Eppure queste donne, apparentemente così risolute, granitiche per il lavoro che svolgono e per i ruoli che ricoprono, sono da Camilleri rappresentate sempre con estrema cautela e, spesso, spogliate dalla scorza esteriore che le caratterizza. La donna, l’eterno femminino appare in tutto il suo spessore e anche l’oca cristallizzata nella sua apparenza gradevole e accattivante mostra le sue fragilità interiori. In questo romanzo Camilleri assume il ruolo di evocatore dei destini italici, senza cadere nella trappole della retorica e nelle insidie del moralismo. In una prosa curata e controllata, dove le parti dialogiche non sono meno a quelle narrative - riflessive non c’è scampo alfine per chi vuole alzare sempre la bandiera del vincitore. Ha ancora fatto centro Camilleri? Senza aspettarsi il capolavoro o l’intuizione geniale, a mio modesto parere e da fans della prima ora, risponderei di sì.