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L'arte della diplomazia in un film
Già nel precedenze lavoro "Joia" Alberto Anzani ci aveva introdotto ad una ambientazione sudamericana e ad una narrazione di storie che scorrevano parallele. Nel caso di "L'ambasciata chiude" la successione degli avvenimenti diventa veramente complessa in un gioco di storie speculari, che a tratti sembrano incontrarsi e transitare tra realtà e finzione. Durante un piano di evacuazione un uomo viene trovato cadavere nel parco dell'ambasciata francese di Maputo; la stessa scena si ripete all'Opéra di Parigi dove va in scena "L'ambasciata chiude" e ancora sul set di un film che tra mille difficoltà viene girato tra Francia e Mozambico. Sarà l'inizio di un intrigo internazionale con continui colpi di scena che ingannano il lettore. Molti i personaggi coinvolti, ma sono quelli femminili a fare la differenza, a capovolgere le carte, nella realtà e nella finzione, cambiando registro e adattandosi silenziosamente ma attivamente alle situazioni, anche in modo inaspettato, perché è l'unica soluzione possibile. In tutti questi intrecci, per confondere maggiormente le carte, agisce anche un giovane cooperatore internazionale impegnato nel monitoraggio e controllo di progetti umanitari, cui Anzani affida la propria immagine e reale esperienza sul campo in un Io narrante disincantato, pungente, a volte ironico, velato di un rammarico doloroso di chi ama profondamente l'Africa e conosce la cruda realtà di un paese dal fascino straordinario in balia di un destino assoggettato agli interessi internazionali. Se un'ambasciata chiude significa che un paese sta precipitando nel caos e che anche l'ultimo estremo tentativo diplomatico non ha condotto a nulla. Se un'ambasciata chiude è il fallimento di tutte le speranze di cooperazione. Se un'ambasciata chiude il villaggio globale non può avere futuro. (R.M.)
"Quello di Anzani è un romanzo che parla di politica dalle viscere, che ambisce ad una comprensione più piena rispetto ai dati e alle cifre dello sfregio umano che è quella parte di globo stanca di essere terza o quarta rispetto all'avanguardia del mondo. L'Africa all'inizio del terzo millennio è ancora terra di profonda meraviglia e sgomento, dove sono invocati continuamente i diritti umani e si consumano inosservate le guerre più laceranti. La cinepresa allora illumina il mondo diplomatico che allaccia le relazioni tra i governi, che interfaccia l'agenda politica mondiale, che vive un'incredibile paralisi nelle supreme organizzazioni internazionali e s'isola nell'istituzionalizzazione dei problemi del pianeta. La lingua pungente , quella di Anzani, che ricompone in spazi privati la complessa realtà di chi amministra il potere negli affari internazionali discostandosi da una sorta di arroccamento corporativo desueto, per invocare il rispetto di difficili scelte di campo, la strada invisibile che persino i missionari chiamano "dell'amore". Scelte che vengono non dalle guidelance dei vertici delle Nazioni Unite o dei G8, né da nuovi slogan come coordination by facilitation, ma dalla società civile, dalla cultura degli umili e prima ancora del senso comune di umanità. Tutto questo in un giallo, un noir, come va di moda chiamarlo in questi anni, stretto tra azione e riflessione, mimica e sentimento, dove l'amore si insinua silenzioso per incastrare il reale e farlo vivere".
(Testo tratto dalla presentazione di Alex Ghega)