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Uomini d’acciaio, gusci di noci, donne di diamante
Al largo del porto di Plymouth pare che esista un altro approdo, un porto che solo pochi riescono a scorgere perché sempre avvolto da una fitta nebbia. Di quei pochi, gli unici che hanno avuto il coraggio di raggiungerlo non sono più tornati indietro.
La fregata di quinta classe HMS Explorer, in missione nell’Oceano indiano, ripesca un ragazzino che sembra essere l’unico superstite di un naufragio. Lui non ricorda nulla se non il suo nome, Abel. Ma durante la navigazione verso la patria mostra una conoscenza del mare da far invidia a un vecchio lupo di mare. Williams, primo ufficiale e facente funzioni di comandante dell’Explorer, lo prende in simpatia e gli narra di come, proprio il giorno prima del suo ritrovamento, il comandante della nave, il capitano Stevenson, avrebbe sottratto il bottino accumulato dalla fregata durante la sua missione contro le navi napoleoniche e, dopo aver ucciso le guardie, si sarebbe dileguato, coprendosi d’infamia. Ritornati in patria Williams farà conoscere ad Abel la locanda Albatros, gestita dalle tre figlie di Stevenson: la seria e taciturna Helen (che lui ambirebbe sposare), la frivola Heather e la piccola, esuberante Harriet, che, ovviamente, non credono a nessuna delle accuse rivolte contro il loro amatissimo padre e che, ora, si trovano in guai finanziari a causa della nomea che è scesa sul genitore.
Ma Abel a Plymouth farà pure altre scoperte. Conoscerà Rebecca, tenutaria del famoso postribolo “The Pillar of Post”, un luogo in cui le ragazze si prostituiscono, sì, ma in modo gentile e “autogestito”, in un clima di maliziosa gioia, serenità e amicizia reciproca. Farà amicizia con il comandante McLeod, un rude uomo di mare, teneramente innamorato di Rebecca. Ma, sopra ogni cosa, scoprirà chi è lui, perché si trova lì, quale sia la sua missione, cos’è realmente accaduto sull’Explorer e cos’è quel porto tra le nebbie che pare lui solo veda.
Teresa Radice e Stefano Turconi sono una delle più formidabili coppie del moderno fumetto italiano di qualità. “Il Porto Proibito” è l’albo che li ha fatti conoscere al grande pubblico e che, per il valore eccelso dei testi di Radice e delle matite di Turconi, ha valso loro moltissimi riconoscimenti e premi.
La storia, anzi le storie, che si intrecciano e interagiscono tra loro, sono contemporaneamente affascinanti, emozionanti, commoventi e poetiche. Si passa da entusiasmanti avventure marinaresche, ambientate nei turbolenti anni del confronto navale tra la Royal Navy e la Marina imperiale francese, a tenere, struggenti storie d’amore; da meschine invidie e loschi traffici, a esempi di amicizia e dedizione reciproca, il tutto sullo sfondo di una credibilissima scenografia fatta di mari in tempesta, vicoli d’angiporto, tolde di velieri e licenziosi boudoir. Dietro a tutto occhieggia immanente e, al contempo, tacito, il misterioso e mistico Porto proibito, luogo che fa da punto di riferimento per coloro che si trovano a mezza via tra questo mondo e quello che ci aspetta oltre. I personaggi si raccontano e ci raccontano le loro vite senza pudori, ma a cuore aperto, con condivisione.
L’opera ponderosa (oltre 300 pagine), suddivisa in quattro atti, è arricchita da una narrazione mai banale, anzi, spesso profonda e meditata quando non diviene elegiaca e poesia pura. Pregevoli sono i richiami e le citazioni alla letteratura inglese: segnalo, prima fra tutti, la ballata di Coleridge “Rime of the Ancient Mariner”, che fa da leitmotiv della storia di Abel, poi, Wordsworth, Blake, senza tralasciare Byron, Conrad e pure a Shakespeare, (ma i rimandi sono decine ed è impossibile citarli tutti). Evocative le antiche gighe, le sea shanty, ma pure le musiche di Mozart e Vivaldi (purtroppo, talvolta, solo riportate nella loro notazione) che fanno da colonna sonora alla storia e accompagnano le immagini in una fusione perfetta. Insomma è impossibile non sentirsi coinvolti nelle vecchie leggende tramandatesi tra gli uomini di mare, non vivere le emozioni assieme ai personaggi, non immaginarsi a respirare l’aria salmastra o assorbire le atmosfere familiari a chi ha letto O’Brien, Stevenson, Melville.
Il disegno è un raffinatissimo tratto, poco più che uno schizzo fatto con una matita 3B, ma che, nel contempo, riesce a evocare i luoghi e pure i suoni con incredibile vivezza.
Anche la rilegatura di questa edizione di lusso è raffinata ed elegante nel suo aspetto anticato.
Insomma “Il Porto Proibito” è un capolavoro grafico e letterario da gustare dalla prima pagina alle ultime, dove troviamo prove d’artista in cui i disegni prendono il colore di delicati acquerelli, e gli schemi, le mappe e le documentazioni ci rendono ancor più palpabili le ambientazioni del libro.
Consigliato a tutti coloro che amano le storie di mare, ma pure la letteratura nel vero senso della parola, perché questa può ben tradursi in un film disegnato sulla carta con amore e passione.
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