La paura del saggio
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Vorfelan Rhinata Morie
Conoscete quella sensazione esasperante di dover fare qualcosa di fondamentale ma di non ricordarsi cosa?Ecco come mi sento essendo giunta alla fine di questo meraviglioso libro: frustrata perché l'ho finito troppo in fretta, irritata perché non avrei voluto e inquieta per il paragone che mi troverò inevitabilmente a fare tra questo e i prossimi libri fantasy che leggerò. La sensazione è la stessa: so che dopo aver conosciuto Kvothe, il mio giudizio verso le prossime letture sarà più impietoso, come quando si promette a sé stessi di avere una migliore memoria in occasioni future: si è consapevoli di una mancanza e di cosa fare per rimediare.
Se il primo volume era un bracciale d’oro pieno di diamanti, questo secondo è più un’unica perla splendente che ci racconta una storia diversa ad ogni sua cangiante sfumatura. E proprio in onore di questa eccezionalità dovete perdonare la mia recensione un po’ prolissa, perché non si può descrivere una perla dicendo semplicemente che è bianca e che viene dal mare.
La narrazione si divide in quattro momenti ben definiti, che corrispondono a quattro esperienze avventurose vissute da Kvothe: all’Accademia, a Vintas, nell’Eld e in Ademre.
Per iniziare ritroviamo Kvothe dove l’avevamo lasciato: la sua istruzione e la sua ricerca continuano, il suo successo all’Eolian è saldo come sempre, i suoi amici fedeli, i nemici sempre più insidiosi e Denna sempre più sfuggente; il candore fanciullesco di Auri lo conforta, la goffa e schietta simpatia di Sim lo fa gioire e Wil si conferma essere il suo grillo parlante; magister Elodin si rivela più pazzo di prima, Ambrose più audace nei suoi tentativi di nuocere e Devi più tremenda di quanto ci si aspettasse. Tutti i personaggi fanno brillare la storia in modo diverso ma è Kvothe che plasma il tutto tramite il suo modo di agire e di fronteggiare ciascun evento.
Questo filo conduttore ci porta alla seconda tappa del viaggio: Vintas, regno ricco e raffinato, in cui Kvothe sarà ospite del Maer, personaggio molto importante ai fini della trama: sotto il suo servizio Kvothe conoscerà per la prima volta il lusso e la ricchezza, ma insieme a loro, come sempre, verranno gli intrighi e gli enigmi; imparerà a destreggiarsi tra la rete dei pettegolezzi e a scegliere i suoi alleati, ma lo farà a modo suo: la sua musica e la sua arguzia saranno la maschera da indossare per sventare tentativi di omicidio ben celati, per conquistare cuori nobili e per sciogliere il groviglio dei misteri intorno a Denna, la sua musa.
Il successo in queste imprese lo condurrà alla terza tappa: l’Eld, luogo colmo di foreste e boschi, in cui si nasconde una grande minaccia, che Kvothe è chiamato a soffocare; ma non sarà da solo questa volta, perché gli saranno affiancati quattro personaggi, che insieme a lui formeranno un quintetto tanto improbabile quanto valido ed efficiente. Uno di loro, Tempi, varrà da solo tutte le fatiche, le ferite e le paure che lo aspettano. Tra lui e Kvothe si instaurerà un’amicizia all’inizio bizzarra e imbarazzante, ma che col passare del tempo diventerà salda come l’acciaio.
Per tutta la durata del primo libro e di parte del secondo, l’autore è stato abilissimo nel lasciarci tanti piccoli indizi e nomi buttati tra le righe in modo apparentemente casuale, proprio per stuzzicare la nostra curiosità: uno di questi è Ferulian. Ricordatelo perché la parte relativa a questo personaggio misterioso ed etereo sarà una delle più belle di tutto il racconto e contribuirà ad accrescere la fama della neonata leggenda di Kvothe.
Il suo legame con Tempi ci porta all’ultimo quadratino della scacchiera: Ademre, la patria dei mercenari di rosso vestiti. Imparerà a combattere, a riflettere, a superare le sue paure e a catturare il vento; il suo nome diventerà fiamma, tuono e albero spezzato; la sua leggenda prenderà forma.
Tornerà all’Accademia, alla fine del suo rocambolesco itinerario, temprato dall’esperienza: più forte, più sicuro, più consapevole del proprio valore e del proprio potenziale, con una vivida fiamma nell’anima che riverbera nei suoi occhi color delle foglie. I misteri non saranno svelati, le minacce non verranno stroncate, il finale butta sul cuore un’ombra che è difficile da dissipare, ma proprio per questo e ancor di più, Kvothe promette di lasciare un’impronta che chiederà di essere seguita molto a lungo, al fine di scoprire la risoluzione di tutti gli enigmi e di trattenere per sempre la sua storia come fosse un tesoro in un baule impenetrabile.
Il racconto è veloce, il ritmo incalzante, i personaggi strutturati magnificamente; pur avendo notato tratti somiglianti con Harry Potter (l'Accademia e Hogwarts), con Il Signore degli Anelli (il cammino itinerante e la parte relativa agli anelli) e La spada della verità (le mord-sith e i mercenari) il libro è originale, mai banale, mai scontato. Ci si ritrova a ridere, a piangere, a sperare, a maledire, a fare il tifo e a disperarsi.
Un racconto lungo, ma mai abbastanza; stupendo, ma mai stucchevole; divertente ma mai comico; un must per gli amanti del genere, ma soprattutto per chi non ne è un fan, perché sebbene la storia includa magie e creature fantastiche, è fondamentalmente la storia di un uomo e della sua sete di conoscenza, la storia della costruzione di un mito. Non fate l'errore di scartarlo "solo" perché compare sotto la voce "fantasy", perché perderete qualcosa di imperdibile.
E' entrato di diritto a far parte della mia top ten di sempre, una vera PIETRA MILIARE.
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Il viaggio continua
Dopo aver divorato in poco tempo "Il nome del vento" mi sono buttato a più non posso tra le pagine de "La paura del saggio", e ora sto smaniando per l'uscita del prossimo capitolo. E' un libro coinvolgente che ti tiene attaccato alla storia pagina dopo pagina, non vorresti mai dovertene separare! Le più di mille pagine sono volate in compagnia di Kvothe grazie allo stretto legame che si crea col protagonista seguendolo fin dalle prime avventure da bambino, raccontate nel precedente libro. I personaggi sono ben sviluppati ed ognuno è funzionale alla storia e mai superfluo.
Cosiglio questo libro a qualunque appassionato del genere fantasy perchè secondo me riesce pienamente a svolgere lo scopo che si deve prefiggere un libro di questo genere: trasportarti in un mondo lontano, che ti faccia sognare. Ottima lettura, talmente scorrevole che le sue mille e passa pagine sembreranno troppo poche una volta arrivati in fondo.
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La Pietra Miliare .... atto II
Avendo letto in precedenza il primo volume di questa trilogia (Il Nome Del Vento) ho potuto assaporare appieno il proseguimento della narrazione delle vicende di Kvothe e della sua straordinaria vita; la trama, infatti, pur essendo piuttosto svincolata e a sè stante, presenta talvolta dei collegamenti con gli eventi narrati nel primo libro che potrebbero rendere difficoltoso o, quantomeno, meno comprensibile l'evolversi della storia.
Lo stile dell'autore è fluente, piacevole, scorrevolissimo e la sua capacità di tenere sempre alto l'interesse del lettore ci fa giungere alla fine di questo "tomo" col desiderio (come già detto da qualcuno che mi ha preceduto con la recensione) di leggere ancora altrettante pagine tanto appassionante è la storia del protagonista.
L'avventura di cui la trama tratta è epica, eroica e si snoda su diversi scenari all'interno del mondo creato dalla fervida fantasia dell'autore..ogni vicenda è pulsante, ogni episodio o avvenimento è reale e descritto in tutte le sue sfaccettature al punto da renderlo vivo nella mente del lettore.
Le emozioni che scaturiscono dalla narrazione sono molteplici e tutte intense...abbiamo davanti agli occhi un viaggio appassionante, avvincente, commovente e a tratti romantico, malinconico e poi ironico.. insomma ricco dei più svariati stati d'animo che possano essere evocati da una narrazione letteraria.
Un libro, o meglio un "librone", che merita assolutamente di essere letto da parte di chiunque senza fermarsi dinanzi ai pregiudizi che il genere può far nascere.
Da gustare, assaporare lentamente per coglierne appieno i mille risvolti.
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Rothfuss...
Beh, non so che dire, le recensioni prima di me hanno già detto tutto, non ho nulla da aggiungere. Se non che, seguendo Rothfuss su facebook e su youtube quando fa le live, lo trovo una persona straordinaria, oltre ad essere uno scrittore magnifico... Ammetto che mi piace quest'uomo almeno quanto il suo protagonista, Kvothe.
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E vorrete altre 1140 pagine...
Un incipit che non potete perdervi.
Una storia che non potete non leggere.
Un mondo sterminato e meraviglioso, che non potete non conoscere.
Un protagonista che non potete non amare fino al midollo.
Un percorso lunghissimo, queste 1140 pagine, che non potete farvi il torto enorme di non seguire. Vi ritroverete, una volta giunti alla millecento quarantesima pagina, con un sottile amaro in bocca per averlo finito. Perché questo libro è esattamente questo: è il tipico libro che vorremmo non finire.
Con ingredienti come il destino, il colpo di scena, la fortuna, l’abilità e l’arguzia, la saggezza e la follia, l’amore e l’eros, mescolati insieme nello stesso turbinio di emozioni.
Siamo condotti in questo caleidoscopio di scenari e avventure da una narrazione che ci racconta le sue trame quasi dipingendole di fronte ai nostri occhi, e sono immagini mozzafiato.
Unico difetto: forse troppo spazio ad alcuni passi, Felurian e gli Adem, che arrivano in un momento in cui ci sono altri intrecci culminanti dei quali si vorrebbe in fretta trovare l’esito.
Ma, tutto sommato, si tratta di un’opera perfetta nella sua imperfezione.
E 1140 pagine vi sembreranno poche, quando, all’inizio dell’ultimo capitolo, avvertirete ancora il sapore pieno e gustoso di tutte quelle avventure tessute tra di loro come una tela che non vi siete ancora stancati di tenere in mano.
E vorrete ancora altre 1140 pagine, quando, come me adesso, ripenserete alla storia di Kvothe, piccolo uomo grandioso. Chi ha scritto queste pagine è riuscito a darci, con la delicatezza di un pittore, un affresco indimenticabile di un eroe che, lungi dall’essere inquadrato nei soliti schemi epici, compare vestito da una costante e quasi intangibile tenerezza.
Unica vera nota dolente….il terzo volume non è ancora uscito.
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La paura del saggio ma anche la paura del lettore
La paura del saggio ma anche la paura del lettore, come non pensare di aver paura quando ci si trova al cospetto di un tomo dalle 1140 pagine che riportano le avventure del nostro protagonista Kvothe.
Si "nostro" sempre più "nostro", perchè non lo si può definire che tale questo personaggio così semplice ma arcano nel suo complesso allo stesso tempo, dopo aver letto il primo capitolo di questa saga, questo secondo vi confesso che avrei voluto leggerlo con ardente cupidigia e così dopo un bel respiro mi sono tuffato nella lettura di questa "pietra miliare" del genere fantasy.
I primi capitoli, ero un po' intontito dal fatto di dover recuperare nella mia memoria quanto letto nel primo libro ma poi tutto mi è parso così familiare, così noto, eppure c'era qualcosa che non mi dava il giusto senso del piacere, non so forse l'ho trovato un po' ingessato nella trama...(ho chiesto addirittura aiuto ad un Amico-socio per trovar conforto). Ebbene l'autore con l'incedere della storia mi ha preso per mano conducendomi in un'avventura grandiosa, epica, ancestrale, adulta e per niente scontata, a volte romantica ed a volte fortemente erotica, ma senza dubbio appassionante.
Le ultime 400 pagine le ho divorate ed oggi ho fame ancora di Kvothe, mi manca il mio e nostro eroe, mi manca sapere, si sapere e conoscere con la stessa bramosia del protagonista, come la storia si svilupperà.
Lo stile è davvero l'emblema dell'autore, dettaglio nelle descrizioni, forse anche un po' troppo ma di sicura efficacia.
Non voglio dare il massimo dei voti al contenuto ma come posso negare quello che quest'opera mi ha comunicato e trasmesso, come posso non chiedere di voler conoscere un Edema Ruh, una persona così legata alle sue origini, così legata alle proprie tradizioni da poter rinunciare agli agi pur di urlare in faccia a tutti di esserlo!!!
Sulla piacevolezza non posso far altro che invitarvi alla lettura, conoscerete dei mondi straordinari, dei personaggi che mi hanno rapito, vedasi Felurian, Devi, Magister Elodin, Auri, nonché la comunnità Adem e naturalmente... Denna, Bast e Cronista.
Buona lettura a tutti.
Syd
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UN LIBRO CHE NON SI DIMENTICA!
Quando leggo le recensioni di questo libro, e non solo su questo sito, tra me e me penso che è tutto vero, non ci sono parole per descrivere quanto è fantastica sia la storia, sia il modo magico di scrivere di Patrick Rothfuss. Si rimane praticamente entusiasti dalla pima all'ultima pagina. Personalmente avrei letto il libro tutto d'un fiato avendo tempo perchè la storia ti prende, ti porta dentro le pagine! Iniziando la seconda parte è stato come ritrovare vecchi amici che non si vedevano da un sacco di tempo! Perchè, a questi personaggi, non ci si può non affezionare. In questo secondo capitolo si fà più intensa l'amicizia con Auri e si lega uno strano rapporto con Elodin (che a mio parere è un grande! Non vedevo l'ora di poter partecipare alle sue lezioni.Mi sentivo ormai parte integrante del suo corso!). Kvhote è un personaggio che cresce, impara a vivere e a stare con le persone. S'innamora, fa esperienze che vanno al di fuori della realtà, padroneggia ogni tipo di linguaggio. E' uno spettacolo leggere queste pagine, ogni riga ti porta a sognare, a viaggiare sopratutto. Devo dire che, dopo aver viaggiato con lui per cosi tanto tempo e cosi lontano, è stato bello poi alla fine ritrovare i vecchi amici di sempre! Ma ancora tante domande sono nella mia testa, ancora tanti misteri da scoprire.Cosa farà Ambrose? Come finirà con Denna? E lo scrigno? E i Chandrian? ...... Ancora cosi tanto da imparare! Attendo con ansia la terza parte, sperando di trovarci tutte le risposte!!
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Kvothe
"UN VIAGGIO VERSO I PICCHI PIÙ ALTI DELLA LETTERATURA FANTASY. ”
PUBLISHERS WEEKLY
La recensione del Publishers Weekly, in poche e semplici parole, sintetizza perfettamente il mio pensiero alla chiusura del libro.
Non proprio breve, anzi, ma vi assicuro che lo troverete estremamente scorrevole e conivolgente, quindi non prendete paura!
Splendido proseguo dell'avventura di uno di quei personaggi che rimane nel cuore e nella mente. Abbiamo seguito un giovane Kvothe tra le strade di una cruda e puzzolente città, la sua voglia di vita, le sue avventure per riuscire ad entrare all'Accademia, i primi esperimenti di simpatia, il nome del vento, l'amicizia con i compagni di corso e gli scontri con il giovane Ambrose, suo alter ego.
In questo secondo capitolo della Trilogia,il nostro fulvo eroe dovrà lasciare l'amatissima scuola e senza un soldo andare a cercare fortuna presso la corte del Maer nella cittadina di Vintas. Sventerà un omicidio, partirà per una sanguinolenta spedizione alla ricerca di malfattori inseguendo i suoi (ed ormai anche nostri) odiatissimi Chandrian, conoscerà culture nuove imparando a lottare e combattere come un vero uomo "civilizzato"...conoscerà anche l'amore di una dea, il mondo fatato e sinuoso del Fae...insomma 1200 pagine di pura avventura e suspance.
Il tutto come sempre contornato da parabole, canzoni e storie di ogni genere.
A differenza di altri tomi delle stesse dimensioni, dei quali difficilmente ricordo ogni capitolo, con "La paura del saggio" questo non solo non è successo, ma anzi mi sento ancora inglobata nelle pagine e nell'avventura. Paragrafo dopo paragrafo sembra di essere al fianco dell'arcanista, sentire le sue melodie, osservare le sue movenze, bere con lui attorno al fuoco...
Così come il precedente: consigliatissimo!
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Genesi di una leggenda
Forse mi prenderete per pazzo, ma è la prima volta in vita mia che mi sono rifiutato di finire un libro perché non volevo staccarmi dalle sue pagine coinvolgenti e magnetiche, non volevo “uscirne”…perché io in questa trilogia ci sono letteralmente caduto dentro!
Non mi interessava sapere come finiva, mi interessava solo “viverlo”. Sì perché leggere La paura del saggio, così come prima Il nome del vento, significa soprattutto essere catapultati in una storia da cui è davvero difficile non essere fagocitati.
Il problema poi è che non riesco ad iniziarne uno nuovo senza aver terminato il precedente e così, per evitare di non leggere più per il resto della mia vita, alla fine ho dovuto capitolare.
Adesso che ho concluso il secondo capitolo di questa meravigliosa trilogia, non so davvero come fare. Mi sento solo, abbandonato, mi manca il mondo di Kvothe, dei suoi viaggi e delle sue avventure. Mi manca la terra di Ademre e dei suoi incredibili abitanti, gli Adem, che comunicano le proprie emozioni con i gesti, che custodiscono i segreti della nobile arte di combattere, che considerano barbari il resto della civiltà, che vivono con etica, orgoglio, senso del dovere seguendo il “Lethani”, una sorta di filosofia che guida le loro azioni e la cui comprensione permette di sapere cosa e come ci si dovrebbe comportare in ogni circostanza. Tra le pagine più belle e profonde di tutto il romanzo.
Ne “Il nome del vento” facciamo conoscenza del giovane Kvothe, della sua infanzia, di come arriva all’Accademia e di cosa lo spinge e motiva ad imparare con avidità e determinazione discipline che per gli altri studenti, ricchi e pigri, sono perlopiù un passatempo.
Nel secondo assistiamo alla genesi della sua leggenda.
Chissà cosa ci aspetta nel terzo.
Ma, come detto, non mi interessa conoscere il finale, non mi interessa raggiungere la meta, mi interessa solo il viaggio necessario per arrivarci.
“Nessun uomo può definirsi coraggioso se non ha camminato per cento miglia. Se vuoi conoscere la verità su chi sei, cammina finché nemmeno una persona conosce il tuo nome. Il viaggio è la grande livella, il grande insegnante, amaro come una medicina, più crudele dello specchio. Un lungo tratto di strada ti insegnerà più su te stesso che cento anni di quieta introspezione”.
Grazie Patrick (Rothfuss), un semplice grazie per la tua immensa e impagabile fantasia.
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Tra Tolkien e Gemmell...
Il titolo del commento rappresenta quello che penso, Patrick Rothfuss riesce a particolareggiare la storia e i personaggi con un'accuratezza degna di Tolkien ( anche se, parere personalissimo, Tolkien tende un po' a pesare a volte ), e mette nella storia e nei personaggi una potenza narrativa pari al grande David Gemmell ( chi non lo conosce ha perso qualcosa, chi lo conosce sà di cosa parlo).
Magistrale, lascia solo l'amaro in bocca per la consapevolezza dell'attesa per il libro successivo..Sperando non faccia passare altri anni!
Voto 11/10
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Leggetelo
1200 pagine. Tante? No. Troppe? Neanche.
In realtà non so bene nemmeno io da che parte attaccare il commento a questo libro.
Potrei dilungarmi in lodi iperboliche, ma sarebbe troppo semplice.
E poi saprebbe decisamente di “déjà vu”.
Vorrei cercare di spiegare il mio stato d’animo. Farvi comprendere quello che ho provato leggendo questo libro, perché, secondo me, è questo che una recensione dovrebbe trasmettere, al di là dei freddi giudizi formali.
Quindi liquiderò subito quest’ultimo aspetto. Quest’uomo sa scrivere. E bene. La trama non concede un attimo di respiro e i capitoli, corti il giusto, non affaticano la lettura, concedendoti il lusso di interromperla a tuo piacimento, dopo 3, come dopo 30 o 300 pagine, senza perdere il filo del discorso. La sua fantasia non ha limiti. Ha creato un mondo, dei personaggi, incredibili. Perfetto in tutti i minimi particolari. Curatissimo. Dalla moneta corrente, alle razze diverse che coesistono in questo universo fuori dal tempo e dallo spazio.
Per non parlare di lingue, usi e costumi di questa gente, della precisione con cui descrive le materie che studiano gli Arcanisti all’Accademia. Tutto perfetto.
Ecco, se mi permettete un paragone scomodo, per questo aspetto oserei citare Tolkien, come ho già fatto nella recensione del primo libro della saga. Il mondo creato da Rothfuss, per precisione e profondità delle descrizioni, è paragonabile a quello descritto dal Maestro ne Il Signore degli Anelli e ancora prima ne Lo Hobbit.
Ma non si tratta di questo, o meglio, non solo di questo. Altrimenti sarebbe una fredda descrizione etnico-sociale.
Quello che mi ha stupito, preso, rapito, rivoltato come un guanto, è stata la sua capacità di descrivere gli stati d’animo delle persone e quella di dare voce, di raccontare, anche quei vuoti che forzatamente la narrazione, talvolta, propone tra due eventi narrativi.
Farò un esempio con una citazione, ancorché io non sia tanto d’accordo con le citazioni nelle recensioni, quindi mi scuso per l’appesantimento, ma secondo me serve a farvi capire quello che intendo.
“Era di nuovo notte. La locanda della Pietra Miliare era in silenzio, e si trattava di un silenzio in tre parti.
La parte più ovvia era una quiete vuota, riecheggiante, formata da cose che mancavano. Se ci fosse stato del vento, avrebbe spirato attraverso gli alberi, fatto scricchiolare l’insegna della locanda sui suoi cardini e spazzato via il silenzio lungo la strada come vorticanti foglie autunnali.
Se ci fosse stata una folla o anche solo un gruppetto di avventori, questi l’avrebbero riempito con conversazioni e risa, il fracasso e gli schiamazzi che ci si aspetta da una taverna nelle buie ore notturne. Se ci fosse stata musica...ma no, ovviamente non c’era alcuna musica. In realtà non c’era nulla di tutto ciò, perciò rimaneva il silenzio.
All’interno della Pietra Miliare alcuni uomini erano radunati a un angolo del bancone. Bevevano con calma determinazione, evitando serie discussioni di notizie preoccupanti. Nel fare ciò essi aggiungevano un piccolo, cupo silenzio a quello, vuoto, più grande. Formava una sorta di lega, un contrappunto.
Il terzo silenzio non era facile da notare. Se foste rimasti in ascolto per un’ora, avreste potuto cominciare a sentirlo nel pavimento di legno sotto i piedi e nei ruvidi barili scheggiati dietro il bancone.
Era nel peso del focolare di pietra nera che tratteneva il calore di un fuoco spento da molto. Era nel lento andirivieni di un bianco panno di lino che sfregava le venature del bancone. Ed era nelle mani dell’uomo che se ne stava lì in piedi a pulire un tratto di mogano che già risplendeva alla luce delle lampade. L’uomo aveva capelli di color rosso vivo, come fiamma. I suoi occhi erano scuri e distanti, e lui si muoveva con la sottile certezza che proviene dal conoscere molte cose.
La Pietra miliare era sua, proprio come il terzo silenzio.
Era appropriato, dato che dei tre era il silenzio più grande, che avvolgeva gli altri.
Era profondo e vasto come la fine dell’autunno. Era pesante come una grossa pietra levigata dal fiume. Era il paziente suono di fiori recisi, di un uomo che sta aspettando di morire.”
Ecco. Ora non so a voi, ma a me questo incipit ha fatto commuovere fino al midollo.
Quest’uomo ha oro e argento nelle mani!
Per non parlare delle descrizioni degli stati d’animo dei personaggi! Come in ogni fantasy che si rispetti, e per di più di “cappa e spada” come questo, ci sono morti, tradimenti, amori che sbocciano, altri che non ci riescono, solide amicizie, ecc…
L’eccellenza di Rothfuss si evidenzia prepotentemente anche in questi frangenti, quando ci parla di quello che i suoi personaggi provano.
Mi sono perso, sognante, nella descrizione dello sguardo di uno dei personaggi femminili allorquando capisce, o meglio, inizia a capire ma non se ne rende ancora bene conto, di essersi innamorata dell’uomo che ha di fronte.
“Vidi lei voltare la testa per guardarlo, quasi sorpresa di vederlo seduto lì, No, era come se fino ad allora, lui avesse semplicemente occupato dello spazio attorno a lei, come un pezzo di mobilio. Ma stavolta quando lo guardò lo vide davvero. Lasciate che vi dica questo: solo assistere a questo momento valse tutto il tempo noioso e irritante passato a perlustrare gli Archivi. Valeva, sangue, sudore e paura della morte, vederla innamorarsi di lui. Solo un poco. Solo il primo lieve alito d’amore, così leggero che probabilmente lei stessa non se ne rese conto. Non fu drammatico, come una saetta seguita da un rombo di tuono. Fu più come quando una pietra focaia colpisce l’acciaio e la scintilla scompare quasi troppo velocemente per essere vista. Però sai che è lì, dove non puoi vedere, pronta ad accendere qualcosa.”
Capito cosa intendo? Quante volte abbiamo assistito dal vero a una scena del genere? O ne siamo stati noi stessi protagonisti? Avreste mai potuto descriverla in modo migliore?
Ed è solo uno degli innumerevoli esempi che avrei potuto citarvi.
Rothfuss riesce a penetrare con mani di velluto fino all’essenza delle cose (siano esse sentimenti, persone, o… silenzi), a tirarla fuori e a descriverla con parole fatate.
Insomma, magico!
Leggetelo, vi prego. Ma non fatelo per me. Non fatelo per quello che ho scritto. Fatelo per voi stessi, per non commettete il torto di negare, al vostro cuore e alla vostra sete di buone letture, queste pagine meravigliose.
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