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Cagna-regina spuntafuoco non si può sentire
Nonostante io sia ormai entrata nel vivo della saga, ammetto che portare a termine la lettura di "Regina delle ombre" non è stata un'impresa da poco. E non solo perché si tratta di un tomo parecchio corposo, ma in particolar modo per la dispersività dell'intreccio, che mai come in questo quarto (o quinto, a seconda dei punto di vista) capitolo dimostra il talento della cara Sarah a raccontare in trecento pagine degli avvenimenti che qualunque altro autore avrebbe saputo condensare in cinquanta al massimo. Andiamo quindi a vedere quali sono gli spunti principali della trama.
In questo volume il continente di Erilea torna ad essere la sola ambientazione, e più in particolare si rimane all'interno dei confini del regno di Adarlan. Per quanto riguarda Aelin e la sua neonata corte, i loro obiettivi nell'immediato riguardano il ritrovamento dell'Amuleto di Orinto e la restaurazione della magia bandita dal re; questa linea di trama va ad includere un corposo numero di POV già visti nei libri precedenti, ma ciò non allontana mai di molto l'azione dal filone principale, al massimo vengono incluse delle quest collaterali per salvare determinati personaggi. Gli altri capitoli sono riservati quasi interamente a Manon ed alla neo-arrivata Elide, che dalla fortezza di Morath continuano a fornire al lettore un focus sui piani degli antagonisti.
A differenza di quanto successo ne "La corona di fuoco", queste vicende finiscono poi per collimare, tanto che l'intervento di Manon risulta decisivo al momento della resa dei conti con il re di Adarlan. Ovviamente ho apprezzato molto questa convergenza, perché contribuisce a dare un maggior senso di concretezza alla storia. Le vicende di Morath risultano piacevoli anche per l'introduzione di Elide (prima menzionata di sfuggita nei flashback), che si rivela un personaggio molto più interessante e combattivo di quanto la sua presentazione lasci intendere.
Rimanendo nell'ambito dei personaggi, Lysandra conquista a mani basse la mia preferenza in questo romanzo: già l'avevo apprezzata nella sua prima apparizione (avvenuta ne "La lama dell'assassina"), ma qui la sua caratterizzazione ha fatto passi da gigante, portando a termine un emozionante percorso personale e stringendo dei credibili rapporti di amicizia. Più in generale, mi sono piaciute quasi tutte le interazioni all'interno del cast; un paio rimangono ad un livello superficiale, ma la maggior parte dimostra una buona solidità e porta a diversi confronti significativi.
Non tutti i personaggi si meritano però le mie lodi! Aelin dimostra di avere ancora parecchia strada da fare nel suo nuovo ruolo di leader vista la sua mentalità molto orientata all'individualismo; Aedion e Dorian per motivi diversi sono spesso tagliati fuori dall'azione vera e propria, mentre Chaol parte con dei buoni spunti in mente per poi combinare poco o nulla: per la maggior parte del volume risulta quasi un comprimario. Ancora una volta sono però gli antagonisti a deludere, in parte perché la loro fama fa sperare in qualcosa di meglio (specie nel caso di Arobynn, infatti la stessa Aelin ammette di non aver capito a cosa mirasse alla fine dei conti) ed in parte perché la loro volontà di dimostrarsi malvagi ad ogni costo prevale sul buon senso.
Come già menzionato, il grosso difetto di questo libro rimane il ritmo fiacco della prima parte, che tra allungamenti e ripetizioni copre ben 400 pagine. Tra i punti a sfavore troviamo ancora una volta la traduzione poco scorrevole e le piccole contraddizioni interne, che in più scene lasciano interdetti. Ed un po' interdetti lascia anche il finale, il quale arriva a chiudere tante linee di trama, forse troppe se consideriamo i tre (gargantueschi!) volumi che ancora mi attendono in questa serie.