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La cara Alwyn non perde neppure il pelo
Quando una serie comincia con un titolo debole come "Rebel. Il deserto in fiamme", le mie aspettative rispetto ai seguiti vengono notevolmente ridimensionate, così come l'interesse per la lettura degli stessi. Lasciata passare l'intera estate, mi sono però decisa a proseguire con "Rebel. Il tradimento", un secondo capitolo che conferma in toto i difetti del suo predecessore riuscendo comunque a fare qualche timido passo in avanti.
Dopo un salto temporale di ben sei mesi ritroviamo Amani come membro a pieno titolo della rivolta capeggiata dal cosiddetto Prinicipe Ribelle Ahmed contro lo strapotere del Sultano. Una serie di circostanze porta però la ragazza proprio all'interno dell'harem del sovrano, dal quale tenta di lavorare come spia a favore dei ribelli. Questa missione le permette di ritrovare alcune vecchie conoscenze e di scoprire quali siano i progetti del loro antagonista sul lungo periodo.
A fare da intercalare tra un'avventura e l'altra troviamo dei racconti folkloristici che -sebbene didascalici- risultano molto piacevoli ed in linea con il contesto scelto. Un altro elemento a favore del romanzo che però avrei voluto venisse trattato in maniera meno superficiale è quello delle tematiche; in primis, la violenza domestica e di genere: un po' di sottigliezza avrebbe giovato alla godibilità del contenuto, ma trovo comunque positivo impegnarsi per introdurre un pubblico giovane a determinati argomenti.
Tra i pregi di questo seguito mi sento di includere le nuove ambientazioni che risultano affascinanti ed abbastanza dettagliate, pur privandoci di una buona parte delle creature fantastiche presentate nel primo libro. Questo aspetto si compensa in parte con l'approfondimento fatto sui djinni e sulla loro mitologia di base, collegata ovviamente a quanto accade nel presente. Su un piano più soggettivo, ho gradito anche la minor presenza della componente romance, seppur sia necessario precisare che le poche scene romantiche sono quanto di più fuori luogo si potesse desiderare!
E passiamo dagli incerti punti a favore ai sicuri punti a sfavore. Come accennato, la maggior parte dei vecchi difetti è tutt'ora presente: svenimenti convenienti della narratrice, scene soltanto raccontate o lasciate all'interpretazione del lettore, intreccio banale, prosa infantile, descrizioni limitate, personaggi stereotipati, poca rilevanza per le scene traumatiche ed un'edizione italiana di certo rivedibile. Non escludo che la cara Alwyn si sia adoperata per migliorare, ma questo risultato fa capire quanta strada abbia ancora da percorrere.
Gli aspetti meno riusciti di questo capitolo nello specifico riguardano quasi esclusivamente l'intreccio, partendo proprio dagli eventi alla base dello stesso: l'allontanamento tra Amani e Jin da un lato, e la necessità di avere una spia a palazzo dall'altro. Il primo è causato da una serie di avvenimenti che non soltanto sono preclusi a noi lettori (visto che avvengono prima dell'inizio del volume), ma anche alla stessa protagonista che nel mentre era in fin di vita! Per quanto riguarda lo spionaggio, si tratta di uno dei tanti motivi per cui la strategia militare in questa storia fa ridere i polli: che bisogno c'è di una spia sempre in pericolo quando hai a tua disposizione dei demdji in grado di indovinare cosa fa il nemico e due mutaforma da poter inviare a palazzo con l'aspetto di animali?
Altri néi contenutisti (in)degni di nota sono le tante coincidenze -che permettono alla protagonista di incrociare sempre facce note in un regno vastissimo-, le dinamiche rubate ad un qualunque teen drama ambientato in un liceo americano, le regole magiche cambiate a seconda delle necessità autoriali, un'infelice scelta narrativa nel finale, l'assurdità di ogni elemento medico, le snervanti ripetizioni di nomi e parentele, e la presenza di scene del tutto immotivate. In quest'ultima categoria ricadono per esempio lo scambio fatto da Ayet per le forbici o Uzma che scopre la cicatrice di Amani giusto in tempo perché qualcuno la noti; la regola di fondo sembra essere: se è utile per la trama, per quanto improbabile succederà.
E come poteva la protagonista non rientrare nella categoria dei demeriti? Amani è fornita di una caratterizzazione a dir poco ballerina, che come tutto il resto varia per servire la narrazione. Hamilton cerca di spacciarla per una personaggia umile, che si incolpa in continuazione; peccato che le presunte colpe riguardino sempre elementi estranei, mentre le azioni per le quali si potrebbe in effetti chiederle conto e ragione vengano sapientemente glissate. È il caso del suo comportamento verso la cugina Shira (che cerca solo quando ne ha bisogno, senza preoccuparsi mai realmente per lei) e l'amico Tamid, con il quale dice di voler far pace ma si pone sempre in modo molto aggressivo. Le protagoniste imperfette mi piacciono, quelle passivo-aggressive molto meno.