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Tre commenti in uno!
Commento per "La falconiera"
SICURA NON SIANO VAMPIRI, SÌ?
Dalla biografia di Elizabeth May disponibile sul sito della Sperling & Kupfer veniamo a sapere che la sua carriera come scrittrice è iniziata con una storia sui vampiri. È chiaro che si tratta di questo stesso romanzo perché, nonostante vengano chiamati fae, le creature combattute dalla protagonista di "The Falconer" sono evidentemente dei vampiri: sono bellissimi, sbrilluccicano, cacciano solo di notte, affascinano gli umani con una persuasione magica, squartano le persone per nutrirsi nella loro "essenza vitale". La mia teoria è che, all’epoca della pubblicazione del libro, il momento d’oro dei vampiri fosse già passato e quindi la cara Elizabeth abbia dovuto ripiegare sulle fatine.
La trama è prevedibile in modo imbarazzante: scommetto che riuscirete anche voi ad indovinarla a colpo sicuro partendo dal solo spunto iniziale! Siamo nella Scozia del 1844 (o almeno, in una sua versione fantasy-steampunk) e la diciottenne Aileana "Kam" Kameron diserta gli impegni sociali che il suo status prevede per dare la caccia ai fae; potreste pensare che lo faccia per salvare gli innocenti esseri umani, che queste creature non le possono neppure vedere, e vi sbagliereste: il suo è semplice desiderio di vendetta. Una fatina ha infatti ucciso sua madre un anno prima e da allora lei si è dedicata ad un genocidio sistematico, aiutata nella sua opera caritatevole da Kiaran -aka l'immancabile bel tenebroso che nasconde un animo sensibile- e dal pixie Derrick, per me protagonista morale della storia.
Ci si potrebbe chiedere perché lei non conceda il beneficio del dubbio alle decine e decine di fatine che uccide, dal momento che due di loro le sono amici. Il motivo è la limitatezza delle riflessioni di Aileana: non può porsi dilemmi etici perché i suoi pensieri ruotano unicamente attorno al desiderio di vendicarsi, alle preoccupazioni su quello che dice la gente sul suo conto (a quanto pare in tutta Edimburgo non si parla d'altro) e, da metà libro in poi, a quanto vorrebbe limonarsi Kiaran. Perché il romance ci deve sempre essere, anche quando i protagonisti sono talmente poco caratterizzati che manca proprio un minimo di base.
Il romanzo avrebbe anche degli elementi positivi, oltre al già citato Derrick per i cui diritti sindacali mi batterò ad oltranza. La scelta della Scozia come ambientazione è carina, anche perché da all'autrice la possibilità di rendere particolare il linguaggio dei personaggi; apprezzo inoltre il lavoro di ricerca per caratterizzare i diversi tipi di fae, ispirandosi alla tradizione folkloristica. Tutto il resto però è un grosso no, per me.
Gli elementi steampunk sembrano inseriti a casaccio e non sempre sono in linea con il concetto della forza motrice del vapore come base dell’evoluzione tecnologica; May sembra semplicemente aver inserito degli oggetti con intelligenza artificiale in un contesto storico. Tra l'altro, fingerò di credere che Aileana sia la talentuosa inventrice dietro queste diavolerie, nonostante ciò non sia per nulla in linea con il suo personaggio, come fingerò di credere a tutta la premessa sulle fatine imprigionate, che per la cronaca è piena di buchi di logica.
Tutta la parte finale poi è estremamente confusa: i protagonisti si preparano alla battaglia offscreen, in modo molto conveniente e con una facilità imbarazzante, e quando ho letto l'epilogo ho avuto il serio dubbio che alla mia copia mancassero delle pagine, talmente è aperto. Ovviamente si tratta del primo libro in una serie, ma almeno qualcuna delle tante storyline iniziate andava portata a termine.
Ciò che più mi ha stupito è però come Colleen Gleason non abbia fatto causa a May per questo plagio senza vergogna della serie I cacciatori di vampiri! I misteri dell'editoria...
Commento per "Il trono evanescente"
APPROVATO DA LEONARD SHELBY
Dopo il parziale fallimento di "The Falconer", avevo decisamente ridimensionato le mie aspettative prima di iniziare il secondo capitolo della trilogia di Elizabeth May, eppure come una novella Dewey nel celebre meme sono comunque delusa dal risultato. Questo perché "The Vanishing Throne", non pago di riproporre i problemi del volume precedente, aggiunge ulteriori elementi di frustrazione per la sottoscritta, a partire dalla trama.
Innanzitutto, gli eventi di questo romanzo sono mossi unicamente dagli antagonisti mentre gli eroi, potendo, si accontenterebbero di vivere nascosti ed ignorare il dettaglio insignificante dello sterminio dell'umanità ad opera delle fatine. Per fortuna ci sono i cattivi: la ricerca di un potente artefatto magico è il motore principale della (poca) azione del libro; gli altri fulcri narrativi sono la scoperta delle origini dei reami fatati e i siparietti romantici tra Aileana e il suo delizioso interesse amoroso.
Ritroviamo la nostra protagonista a Sìth-Bhrùth prigioniera delle fate cattive che, finalmente libere, stanno conquistando il pianeta, o almeno così credono i personaggi, e io voglio fidarmi. Dopo un'evasione non proprio al cardiopalma, Aileana torna nel mondo umano per scoprire che è passato molto più tempo di quanto credesse e per tediarci ad oltranza con i suoi immotivati sensi di colpa. Seguire il suo POV è stato decisamente sfiancante: non solo il lettore è chiamato a subire i suoi monologhi su come abbia fallito nel salvare da sola il mondo (un'impresa molto verosimile, in effetti), ma deve sentirsi ripetere ad oltranza una serie di frasi dette dagli altri personaggi che lei copia-incolla ogni tre righe, probabilmente per allungare un po' il testo.
Avere una protagonista così passiva rende il ritmo della narrazione estremamente lento, ad eccezione degli ultimi capitoli in cui vediamo un po' più di azione. Un altro problema è la ristrettezza del cast: si ha l'impressione che la cara Elizabeth dovesse pagare di tasca sua le comparse, e quindi ci troviamo con una storia dove in scena si vedono solo i protagonisti e qualche sporadico personaggio secondario, ovviamente di pochissima utilità ai fini della trama. Ma veniamo alla parte peggiore, ossia il romance.
Ammetto che in un primo momento Aileana e Kiaran come coppia non mi dispiacevano, poi l'autrice ha iniziato a fare delle rivelazioni allucinanti sul passato di lui, e la nostra eroina non si arrabbia minimamente alla scoperta di essere innamorata di un genocida, è solo un po' risentita perché duemila anni prima a lui piaceva un'altra! A questo punto, lei dovrebbe perdonare subito anche le altre fate cattive, ma la bussola morale di Aileana è mossa unicamente da simpatia ed attrazione, quindi Lonnrach e il suo seguito devono essere puniti in quanto spietati assassini, mentre Kiaran è un cucciolo tormentato che ha già pagato troppo.
Ancor più allucinante come l'autrice tenti di ribaltare torto e ragione anche nel caso della Cailleach, che espone un concetto forse triste ma giusto (l'equilibro nella natura tra vita e morte), e per questo viene dipinta come malvagia. Il messaggio che passa così è estremamente infantile e diseducativo: non voler accettare gli eventi negativi come imprescindibili nella vita di una persona.
Dell'intero romanzo posso salvare solo il mio caro Derrick, sempre protagonista morale della storia per quanto mi riguarda, ed i dettagli folkloristici sui fae, in particolare quando ci si sofferma sulle origini del loro mondo e sul modo in cui è direttamente collegato a quello umano.
Anche così, nel complesso siamo però ben lontani dalla sufficienza.
Commento per "Il regno caduto"
REDENZIONE PAZZI ASSASSINI? DA QUESTA PARTE, PREGO
Scegliere di affrontare questa lettura subito dopo un libro tanto deludente come "La malinconia dei Crusich" non è stata proprio una buona idea, in particolare perché già intuivo che la serie The Falconer non si sarebbe risollevata miracolosamente all'ultimo volume. Qual è il motivo di tanta fretta, allora? sembrerà banale, ma mi sono resa conto di aver dimenticato quasi del tutto gli avvenimenti del secondo capitolo, letto solo tre mesi fa! Urgeva quindi affrettarsi a completare la trilogia, anche se posso confermare sia una pessima scelta leggere consapevolmente due libri brutti di fila.
La storia ricomincia ad un paio di mesi dalla conclusione di "The Vanishing Throne", con la nostra eroina Aileana "Kam" Kameron resuscitata e convenientemente privata dei suoi ricordi: questo espediente permette infatti all'autrice di inserire decine di spiegoni nella prima parte del romanzo. Superato questo momento di angoscia per nulla angosciante, visto che la protagonista riacquista la memoria con la stessa rapidità con cui io mi scolo il the freddo in estate, può partire la trama vera e propria. La missione principale in "The Fallen Kingdom" è ritrovare un libro magico, poco più di una leggenda, che potrebbe risolvere tutti i problemi della serie; mi pare quasi superfluo specificare che di tale manufatto -di cui nessuno sa niente da milioni di anni, considerato dalle fatine alla stregua di una fiaba- verranno individuati locazione e modalità di recupero nell'arco di due scene.
A rendere ancora più tediosa la narrazione contribuiscono le dinamiche tra personaggi che si ripetono praticamente identiche ogni dieci pagine circa; risulta inoltre difficile percepire l'importanza di quanto i protagonisti stanno tentando di ottenere, visto che loro stessi preferiscono pensare ad altro (aka bombare come conigli ad ogni occasione) oppure agire d'impulso, senza neanche fare due domande a chi chiaramente ne sa più di loro sui pericoli che li aspettano. Per poi sorprendersi della loro stessa stupidità!
Ad essere onesti, non ci sono grossi cambiamenti sul fronte dei personaggi: come già detto, sono di un'idiozia imbarazzante (sì, anche le fatine millenarie) ed hanno una bussola morale tutta loro, per cui chi commette genocidi ha diritto al perdono mentre chi osa leggere nella mente dell'imparziale Aileana viene condannato a morte. Si ripropone anche il problema del taglio dei fondi per le comparse, tanto che oltre ai tre amici umani della protagonista non c'è nessuno nell'accampamento della regina Seelie; e quando dico nessuno non sto neanche esagerando, visto che May non si sforza neppure di nominare la presenta di qualche soldato fatato a fare la ronda o a scortare la sovrana. E voi direte: certo, non ci sono perché hanno voltato le spalle ad Aithinne e ora patteggiano per la corte Unseelie; peccato che anche il castello di Kiaran sia completamente deserto.
Potrei anche sorvolare su questi dettagli del world building se l'autrice stessa non ci tenesse ad inserirne continuamente di nuovi, in netta contraddizione con quanto spiegato nei capitoli precedenti. Ovviamente ci sono incongruenze anche nel passato dei personaggi e nel sistema magico, ma una volta messo in chiaro che l'aspetto su cui May si impegna maggiormente è quello romantico, la cosa non stupisce più. C'è anche da considerare che sono presenti molte meno ripetizioni fastidiose rispetto al secondo libro: un miglioramento piccolo ma molto gradito.
Tirando le somme di questa conclusione di serie, mi viene da pensare che forse in un momento meno frenetico avrei saputo apprezzarla di più (leggasi, detestarla di meno). È altrettanto vero che, se avessi potuto dedicarle più tempo, avrei notato altri buchi di logica, quindi forse è meglio sia andata così.
NB: Libri letti in lingua originale
Indicazioni utili
- sì
- no