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Rebel. Il deserto in fiamme
 
Rebel. Il deserto in fiamme 2024-05-20 09:51:07 La Lettrice Raffinata
Voto medio 
 
1.8
Stile 
 
1.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    20 Mag, 2024
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Appropriazione culturale Q.B.

Mi rendo conto che a volte sono un po' prevenuta nei confronti della narrativa per ragazzi, ma anni ed anni di letture al massimo mediocri sbandierate come capolavori imperdibili mi hanno portato ad essere sempre più diffidente verso questo target. E purtroppo "Rebel. Il deserto in fiamme" non si è dimostrato un'eccezione alla regola, rivelandosi un'amalgama composta da cliché già visti in centinaia di altri libri ed una prosa decisamente infantile. Anche comprensibile, dal momento che si tratta proprio dell'esordio di Hamilton, ma impossibile da accostare alla definizione «straordinariamente originale e affascinante» data dalla CE italiana.

Per inventare il suo universo narrativo, la cara Alwyn unisce un contesto simil-mediorientale tanto in voga nel panorama fantasy una decina di anni fa con degli elementi tipici dei film western, come pistole, ferrovie, miniere e canyon; il tutto viene racchiuso nel quadro del solito governo oppressivo che un manipolo di adolescenti dovrà debellare. In questo scenario veniamo affidati al POV di Amani Al'Hiza, una ragazza proveniente dall'Ultima Contea, dove abbondano soltanto povertà e proiettili; mentre porta avanti il suo piano per sfuggire ad un matrimonio impostole dalla famiglia, Amani incrocia la strada del ricercato Jin con il quale partirà alla volta della lontana Izman, capitale del sultanato Miraji.

Una premessa non troppo originale, ma con del potenziale; potenziale che l'autrice si prodiga per sprecare in ogni modo possibile. In realtà alcuni aspetti riusciti ci sono, seppur risibili e marginali; un esempio è dato dall'idea di far intraprendere un percorso di scoperta interiore alla protagonista, che passa dal coltivare vaghi progetti di libertà personale all'impegnarsi in modo serio per migliorare le condizioni di vita di tutti nel suo Paese. Per quanto bizzarra, ho trovato carina anche l'idea di accostare elementi tanto lontani per arricchire questo mondo fantastico, inoltre ho apprezzato il messaggio egualitario di fondo pur trovandolo eccessivamente didascalico e ripetitivo.

In definitiva, i pregi sono pochi e neppure troppo solidi, quindi passiamo ai tanti tasti dolenti. Partiamo con la narrazione, che ho trovato troppo rapida e caotica: si passa da una scena all'altra senza che i personaggi stessi abbiano avuto il tempo di assimilare gli avvenimenti; lo si vede molto bene nel momento in cui scoprono senza troppo stupore la distruzione di Dassama, ad esempio. La cara Alwyn arriva perfino a saltare a piè pari intere scene, che poi riassumele all'inizio del capitolo successivo; questo dovrebbe forse rendere più scorrevole la lettura, ma a me è sembrato solo una furbata per agevolare il percorso dei protagonisti e passare ai momenti che trovava più interessanti.

A dispetto dello spunto insolito, il world building fa acqua da tutte le parti, sia perché non viene mai chiarito il motivo di questo miscuglio culturale sia per la pesante presentazione, realizzata ricorrendo a lunghi spiegoni piazzati nei momenti meno opportuni. Ad esempio, all'inizio del romanzo la protagonista entra nel negozio dello zio e, dopo averci informato di averlo trovato vuoto, passa ad elencarci tutte le creature soprannaturali che potrebbero entrarci nella notte; una scelta a dir poco bislacca, dal momento che il locale è deserto e non vedremo nessuno di questi esseri fantastici nell'immediato futuro.

Passando ai personaggi, devo dire di aver trovato un eccessivo numero di comprimari, che in un volume dove la narrazione è tanto rapida a passare da un contesto all'altro finiscono inevitabilmente per essere caratterizzati in base a degli stereotipi; inoltre, mi sorge il dubbio che una buona parte di loro sia stata inserita come mero riempitivo e per questo non ricomparirà più. Ovviamente l'insopportabile protagonista non migliora la situazione: Amani è spavalda ed incosciente per il gusto di esserlo, inoltre dimostra una superficialità ed un egoismo non solo imbarazzanti -se consideriamo che l'autrice vorrebbe venderla come un'eroina intrepida- ma anche in contraddizione con le tragedie alle quali ha assistito.

D'altro canto in questo romanzo disgrazie e morti violente vengono superate con estrema leggerezza, perdendo così gran parte della propria carica emotiva. Una carica che non si riprende quando passiamo alla sottotrama romance, sviluppata in maniera eccessivamente veloce e forzata; si percepisce in modo chiaro la mano dell'autrice dietro il presunto innamoramento tra due personaggi con poco in comune e solo una manciata di interazioni degne di nota.

E come poteva l'edizione nostrana non peggiorare ulteriormente la situazione? sia con una traduzione poco attenta, sia con la mancanza di mappa e glossario. Avrei apprezzato anche delle note che chiarissero il significato delle tante parole in arabo; da lettrice, posso anche intuire che la sheema sia una sorta di copricapo, ma sarebbe stato molto più interessante leggerne una chiara descrizione, magari incorporata in modo omogeneo al testo. Va precisato che questo sforzo non è stato fatto neppure nell'edizione originale, e ciò aumenta la mia impresso secondo cui l'autrice avrebbe adattato una storia di stampo distopico al contesto mediorientale per motivi di marketing.

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