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Romanzo per ragazzi o menù etnico?
C'è stato un tempo in cui l'ottimismo verso la narrativa per ragazzi mi aveva portato ad accumulare in modo quasi compulsivo un gran numero di serie in voga all'epoca. In alcuni casi si è trattato di sorprese felici (come la trilogia Chaos Walking, letta integralmente lo scorso anno, che penso sia invecchiata parecchio bene), ma molto più spesso mi sono trovata di fronte a narrazioni davvero ingenue e farcite di messaggi discutibili, sempre pensando al target giovane per il quale sono scritte. In quale categoria sarà finita "La moglie del califfo"? secondo me potete indovinarlo, ma cominciamo dalla trama.
L'idea alla base del romanzo è quella che fa da cornice ai racconti dell'antologia Le mille e una notte: nel califfato del Khorasan il crudele sovrano Khalid Ibn al-Rashid prende ogni giorno in sposa una donna diversa, per poi ordinarne l'esecuzione prima che spunti l'alba. La protagonista sedicenne Shahrzad "Shazi" al-Khayzuran ha visto così condannare a morte la sua migliore amica Shiva, e per questo decide di offrirsi volontaria come prossima moglie, con l'intenzione di avvicinare il califfo abbastanza da poterlo uccidere per vendetta.
Messo in questi termini sembrerebbe un intreccio decisamente promettente, non fosse per due grossi ma. In primo luogo la missione di Shazi viene accantonata dopo pochi capitoli per dar spazio ad altre linee di trama, legate ad una ribellione interna contro Khalid, ad una minaccia dal vicino sultanato di Partia e ad un elemento fantastico. E anche se non ci fossero state queste sottotrame di mezzo, ci avrebbe pensato la protagonista a fermarsi da sola: sia perché il suo piano è a voler essere generosi vago, sia per l'instalove che la colpisce dopo soli due giorni trascorsi a palazzo.
Questo vi farà forse intuire come la protagonista non sia tra i punti a favore di questo titolo; Shazi è impulsiva nel senso peggiore del termine e viene colpita da continue epifanie che non portano avanti di mezzo passo la sua caratterizzazione, inoltre per la maggior parte del libro è indolente al punto da non pensare neanche a mettersi in contatto con la sua famiglia. Come coprotagonista Khalid non se la cava meglio: è il classico bad boy (ma MOLTO bad) che il lettore dovrebbe giustificare per il suo tragico passato; mi spiace, ma non riesco proprio a tollerare uno stupratore come interesse amoroso. In aggiunta a questi difetti soggettivi, abbiamo una prosa composta quasi esclusivamente da frasi fatte, un linguaggio ostentatamente informale e delle scene cruciali per la risoluzione della storia che vengono liquidate con troppa fretta.
Si tratta quindi di un testo irrecuperabile? ma no! Intanto ha il pregio di avermi divertita non poco (soprattutto per la totale incapacità dimostrata delle guardie reali!), nonché di aver introdotto alcune linee di trama interessanti che spero verranno analizzate meglio nel seguito. Accanto ai discutibili protagonisti troviamo alcuni personaggi secondari niente male -come Jalal al-Khoury e Tariq Imran al-Ziyad-, che bilanciano come possono la poca concretezza di Shazi e Khalid.
Personalmente ho apprezzato poi l'ambientazione affascinante, ricca di dettagli sugli alimenti e l'abbigliamento, che denota una qualche ricerca di verosimiglianza con la cornice simil-storica. Mi è piaciuta anche la riflessione sull'inutilità di contribuire ad un ciclo di vendette: lo reputo un messaggio valido ed attuale, sul quale voglio concentrare la mia attenzione... ignorando volutamente il contesto in cui questa illuminazione ha avuto luogo.
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