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Cinque acque chete
Oramai un paio di anni fa lessi "L'uomo che voleva uccidermi", un thriller decisamente atipico in cui l'attenzione del lettore non veniva indirizzata tanto sulla tensione quanto sul contrasto generazionale, che portava ad un crescendo di incomprensioni ed ansie tra i personaggi. Da allora ho notato che tanti lettori rimangono delusi dai libri di Yoshida, forse perché si aspettano delle narrazioni piene di azione ed intrighi; per quanto mi riguarda, la sua prosa presenta una variatio che trovo molto gradevole, quindi ho recuperato alla prima occasione (leggasi, promozione) anche "Appartamento 401". Che poi è rimasto a stagionare per un annetto in libreria, come da copione.
La trama ci porta in una Tokyo un po' nascosta, in cui si muovono giovani disillusi alla ricerca di un'indipendenza che sembra nulla più di un sogno del passato. In un piccolo appartamento della prefettura di Setagaya convivono quattro amici in modo non proprio legale; mentre ci racconta le loro vite, il caro Sh?ichi porta avanti una trama per nulla adrenalinica eppure inquietante, capace di ispirare un sottile senso di disagio. Il lettore può percepire chiaramente che c'è qualcosa di strano in questa abitazione, senza però capire nel concreto di cosa si tratti.
Il volume è privo di capitoli in senso canonico: risulta diviso in parti, ognuna riservata al punto di vista di uno dei cinque coinquilini; sì perché, nel corso della narrazione un nuovo ragazzo si installa sul divano dell'appartamento, aggregandosi al gruppo anche a livello amicale. In base al POV vediamo non solo il passato di ogni singolo protagonista, ma anche la sua prospettiva sugli eventi del presente: in questo modo possiamo capire come ognuno di loro interpreti a proprio modo il comportamento degli altri, giudicando senza capire del tutto il contesto.
A cambiare non è solo il filtro attraverso cui si assiste alle vicende, ma anche il tono della narrazione: i protagonisti raccontano infatti la storia in prima persona ed ognuno di loro adotta un suo personale linguaggio, cosa che ho molto apprezzato perché nei romanzi corali è spesso difficile rendere distintive le diverse voci. Oltre a questo elemento ed al senso di turbamento che si diffonde pian piano nel testo -in una sorta di smooth horror- promuovo sicuramente il modo in cui Yoshida affronta tematiche relazionali e sociali, svelando una realtà geograficamente lontana ma in cui diventare degli adulti equilibrati è più difficile che mai, non diversamente dall'Italia.
Una menzione d'onore se la meritano il POV di S?ma Mirai, uno dei personaggi più problematici ma allo stesso tempo con la quale è impossibile non empatizzare almeno un po'; e poi c'è l'edizione italiana che una volta tanto posso elogiare: molto curata la traduzione (dal testo giapponese, per fortuna!) e davvero utili i contenuti extra, ossia elenco dei personaggi, guida alle pronunce e glossario dei termini lasciati in lingua originale.
I difetti del volume sono marginali e decisamente soggettivi; alcuni lettori finiranno sicuramente per non apprezzare l'assenza di tensione ansiogena e la rapidità con cui si risolvono i misteri proposti all'interno della storia. Stesso discorso per la caratterizzazione dei personaggi (ad esempio, io ho sopportato con grande fatica la parte dedicata a ?kouchi "Koto-chan" Kotomi) e le tante battute, che in alcuni momenti potrebbero suonare un po' fuori luogo. Per quanto riguarda il finale, anche a me non ha fatto impazzire l'idea di lasciare molte cose in sospeso, ma ritengo si adatti bene alla prosa dell'autore.